Avv. Francesca Cosentino - La separazione coniugale può modificare la situazione reddituale e fiscale di entrambi i coniugi ove il provvedimento giudiziale preveda l'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento, in quanto l'assegno di mantenimento costituisce, per il coniuge obbligato, un onere deducibile con conseguente abbattimento del suo reddito complessivo e del peso fiscale, per il coniuge beneficiario reddito assimilato a quello di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione.

La disciplina riposa negli artt. 10, co 1, lett. c), 50, co 1, lett. i) Tuir e correlato art.1, co 63, Legge n. 296/2006, a tenore delle quali norme: "Sono deducibili dal reddito complessivo, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria" (cit. art.10); "Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente: i) gli altri assegni periodici, comunque denomi- nati, alla cui produzione non concorrono attualmente ne' capitale ne' lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 44" (cit. art.50); "I soggetti di cui all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme." (cit. art. 1, co 63, legge finanziaria 2007).

Ove il coniuge obbligato dichiari tra gli oneri deducibili gli assegni di mantenimento ed il coniuge beneficiario - sempre che non sia esonerato dalla presentazione - li porti a reddito nella dichiarazione annuale, nulla quaestio sotto il profilo patrimoniale e fiscale, esprimendo ciascuno dei coniugi la nuova capacità contributiva. Nel caso in cui, invece, l'obbligato ometta erroneamente di dedurre dal reddito gli assegni che corrisponde, il suo patrimonio non subirà modifiche,quindi,il suo reddito/base imponibile apparirà più alto di quello effettivamente goduto; specularmente, risulterà nullo o immutato il reddito dell'altro coniuge.

Questa situazione fittizia potrebbe avere conseguenze ‘paradossali' sulle condizioni di accesso al c.d. gratuito patrocinio: se il reddito imponibile dichiarato al lordo degli assegni di mantenimento (oneri deducibili) superasse il limite per l'accesso, per il coniuge obbligato non sussisterebbero le condizioni prescritte dall'art.76, D.p.r. n. 115/02; mentre tali condizioni potrebbero formalmente verificarsi per il coniuge beneficiario (non dichiarante il reddito degli assegni).

La questione è stabilire se per il coniuge obbligato estromesso dal beneficio possa prevalere, anziché l'interpretazione squisitamente letterale, quella sostanziale e sistematica dell'art.76 co, 1, Tusg. La norma riconosce al titolare di un "reddito imponibile ai fini dell'Irpef, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore (attualmente) ad € 10.628,16" il beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dunque la littera legis sembra ancorare il presupposto del beneficio solo ed esclusivamente a quanto dichiarato nel relativo modello annuo.

Tuttavia varie considerazioni, complessivamente, consentono - a parere di chi scrive - di superare per quest'ipotesi il dato letterale. 

 
Anzitutto
a) il principio posto dalla Corte Costituzionale - sentenza n.144/92 - secondo cui va esclusa "un'ineludibile corrispondenza biunivoca tra reddito rilevante al fine dell'integrazione del presupposto per il beneficio del patrocinio a spese dello Stato e reddito dichiarato od accertato ai fini fiscali"; giacché "le condizioni di spettanza del beneficio devono essere coerenti con il presupposto della non abbienza", perciò i verificatori devono accertare "non già i (dei) presupposti della pretesa fiscale dell'amministrazione finanziaria, bensì (di) un dato di fatto rivelatore di abbienza dell'istante". Per converso e per conseguenza devono accertare anche un dato di fatto rivelatore della non abbienza dell'istante a prescindere dalla dichiarazione dei redditi.

b) I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate (ris. n. 15/E del 2008) sul concetto di rilevante per il beneficio de quo. L'Agenzia specifica che si debba considerare il reddito come definito dall'art.3, co 1,d.p.r. n. 917/86, ossia "formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'art.10"; poiché (v. ris. n.159/E del 2009) gli "oneri di cui all'art.10 del Tuir .. (hanno) .. la capacità di incidere sulla situazione personale del contribuente".

In sintesi, la Corte riconosce che un dato di fatto possa rivelare una situazione patrimoniale/reddituale, comunque, diversa da quella risultante dall'ultima dichiarazione, l'Agenzia riconosce che gli oneri deducibili incidono certamente sulla situazione patrimoniale/reddituale. 


Ancora,
a) quando l'ultima dichiarazione sia risalente di oltre due anni rispetto all'istanza di ammissione si deve tener conto - secondo il parere della Commissione per il Patrocinio a spese dello Stato, in Vademecum in materia di PATROCINIO A SPESE DELLO STATO,2009, presentato dall'Unione Triveneta dei Consigli dell'Ordine degli Avvocati- solo ed esclusivamente dell'autocertificazione;in quanto se prevalesse la formulazione letterale dell'art.76, d.p.r. n.115/02 si dovrebbe prendere in considerazione l'ultima dichiarazione qualunque fosse l'anno di presentazione, col risultato che anche un reddito posseduto molto tempo addietro diventerebbe ostativo all'ammissione al beneficio.

b) l'art.77 Tusg impone l'adeguamento dell'importo limite di reddito alla variazione dei prezzi accertata dall'Istat nel biennio precedente, sicché per i Giudici (v. Appello Roma 11.4.1992), atteso che per legge il reddito perde valenza ogni due anni, il rigido limite di reddito da dichiarazione è superabile, quantomeno qualora l'importo nominale sia inadeguato al potere d'acquisto.

c) i massimi Giudici hanno considerato legittima e ammissibile la dimostrazione, da parte del richiedente, di una variazione di reddito - avvenuta successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi di riferimento - in ordine alla quale variazione il richiedente medesimo risulta nelle condizioni per fruire del beneficio (Cass. Sez. IV 16/11/2005- 8/3/2006 n.8103).

d) ab contrario, il comma 3, art.76, TUSG prevede che si deve tener conto "anche dei redditi che per legge sono esenti dall'Irpef o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva", quindi anche dei redditi che non sono riportati nell'ultima dichiarazione annuale.

Gli elementi da ultimo indicati testimoniano che - sistematicamente - il contenuto della dichiarazione fiscale può essere bypassato al fine del beneficio.

Infine, occorre mettere a confronto la ratio della norma in sé e per sé considerata ed i parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 24, co 2 e 3, e 53, Cost. L'art. 76 regolamenta le condizioni di accesso al beneficio del patrocinio fissando in un limite di reddito la non abbienza; la ratio è quella di dare attuazione sia al principio di eguaglianza di tutti cittadini rimuovendo gli ostacoli di ordine economico, sia al dovere di assicurare "ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione" (Art.24, co 3, Cost.).

Orbene, la Corte Costituzionale di recente ha osservato che "Il terzo comma dell'art. 24 Cost. contiene una prescrizione generale e incondizionata, che integra e completa quella del secondo comma, con l'effetto che l'accesso al patrocinio a spese dello Stato può essere diversamente regolato per i non abbienti solo in presenza di altri principi costituzionali da salvaguardare, per garantire la tutela di beni individuali o collettivi di pari meritevolezza." (C.Cost. n. 139/2010). E' sicuramente interesse individuale e collettivo che tutti concorrano "alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva" (art.53, Cost.), intesa come capacità contributiva attuale.

L'attualità è requisito imprescindibile, infatti, nell'interesse del singolo contribuente e dell'intera collettività (si pensi a chi pretendesse contribuire meno - a danno del bene collettivo - sulla base dei minori redditi dichiarati anni addietro). La tutela del'obbligo costituzionale di contribuire solidaristicamente alla spesa pubblica ben può travolgere il contenuto della dichiarazione allorquando essa non esprima l'attuale minore capacità contributiva (per erronea omessa indicazione dell'assegno di mantenimento tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo).

Pertanto, il coniuge obbligato all'assegno di mantenimento dovrebbe essere ammesso e mantenuto al beneficio se corredasse l'istanza con una dichiarazione sostituiva dell'ultima dichiarazione dei redditi, spiegando i motivi per cui il reddito effettivo sia inferiore a quello dell'ultima dichiarazione.

Il problema diventa pratico se l'ufficio per il gratuito patrocinio si rifiuti di accettare un'autocertificazione , ma solo quella con pura indicazione del reddito complessivo; quest'ultima a fronte dei controlli incrociati con l'ultima dichiarazione pone il coniuge richiedente a rischio di contestazione del reato p. e p. dall'art.95, Tusg, che si consuma persino (v. Cass. 27.06.2012, n.25409; Cass. 6591/09).

Del resto, un'interpretazione normativa contraria a quella sopra espressa condurrebbe all'affermazione che l'art.76, d.p.r. 115/02, individui nella dichiarazione dei redditi una presunzione assoluta non superabile concettualmente, quindi, in ultima deduzione non superabile neanche in senso sfavorevole all'istante mediante l'accertamento di un maggior reddito non dichiarato nell'annualità, laddove il nostro sistema legislativo tributario,viceversa, attraverso la previsione del potere di verifica della Guardia di Finanza, esclude alcun valore di assolutezza (a qualsiasi fine) della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente.

L'approfondimento è seguito alla trattazione di un caso concreto; la tesi esposta rappresenta un'opinione personale.
Francesca avv. Cosentino tel./fax. 0933 24839


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