La Corte Costituzionale, con sentenza n. 257 del 22 novembre 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 64, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, come integrato dal richiamo al D.M. 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l'indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.
In particolare la Corte ha esaminato la questione sollevata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, investito di un giudizio proposto da una lavoratrice autonoma iscritta alla gestione separata, che, avendo avuto l'affidamento preadottivo internazionale di un minore e avendo ottenuto dall'INPS l'indennità di maternità pari a tre mensilità, ha chiesto l'accertamento del proprio diritto a riscuotere l'indennità di maternità per cinque mensilità e la condanna dell'INPS al pagamento delle residue due mensilità, oltre interessi legali.
"Gli istituti nati a salvaguardia della maternità - si legge nella sentenza - non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993). Tale principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e di adozione, nelle quali l'astensione dal lavoro non è finalizzata solo alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il processo di formazione e crescita del bambino."
In questo quadro - prosegue il Giudice delle leggi - non si giustifica, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di maternità per un periodo massimo di cinque mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che internazionale, alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta un'indennità di maternità per soli tre mesi. "L'irragionevolezza di tale trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.".
Ne deriva - conclude la Corte - che la discriminazione sopra riscontrata si rivela anche "lesiva del principio di parità di trattamento tra le due figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che dai rapporti stessi derivano, stante l'identità del bene da tutelare, vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.".
Vai al testo della sentenza n.257/2012
In particolare la Corte ha esaminato la questione sollevata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, investito di un giudizio proposto da una lavoratrice autonoma iscritta alla gestione separata, che, avendo avuto l'affidamento preadottivo internazionale di un minore e avendo ottenuto dall'INPS l'indennità di maternità pari a tre mensilità, ha chiesto l'accertamento del proprio diritto a riscuotere l'indennità di maternità per cinque mensilità e la condanna dell'INPS al pagamento delle residue due mensilità, oltre interessi legali.
"Gli istituti nati a salvaguardia della maternità - si legge nella sentenza - non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993). Tale principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e di adozione, nelle quali l'astensione dal lavoro non è finalizzata solo alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il processo di formazione e crescita del bambino."
In questo quadro - prosegue il Giudice delle leggi - non si giustifica, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di maternità per un periodo massimo di cinque mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che internazionale, alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta un'indennità di maternità per soli tre mesi. "L'irragionevolezza di tale trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.".
Ne deriva - conclude la Corte - che la discriminazione sopra riscontrata si rivela anche "lesiva del principio di parità di trattamento tra le due figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che dai rapporti stessi derivano, stante l'identità del bene da tutelare, vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.".
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