Non è giustificabile per i genitori picchiare i figli ribelli al fine di correggerli. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, che ha accolto la denuncia di una ragazza 16enne di Torino vittima di diverse angherie da parte del padre e della matrigna per aver fumato ed essersi ripresa i cellulari sequestrati a motivo della cattiva condotta scolastica, e ha riconosciuto alla ragazza un risarcimento danni.


Con la sentenza n.45859/2012, la Suprema Corte ha respinto le tesi difensive dei due genitori, secondo cui la ragazza avrebbe "aperto le ostilità" prendendo a calci la propria matrigna, e costringendo il padre ad intervenire in sua difesa.

I segni delle percosse, evidenti sul viso, sul collo e sulla spalla, erano invece in armonia con la versione dei fatti che la giovane aveva raccontato alla madre e ad una sua compagna di scuola: il calcio che lei aveva rifilato alla matrigna era soltanto un tentativo di difesa, poiché quest'ultima, mentre la ragazza era sul letto, le aveva tirato un cucchiaio e l'aveva presa a schiaffi. In un'altra occasione, inoltre, il padre l'aveva schiaffeggiata sei volte prendendola per i capelli.

La Cassazione ricorda che ci sono "dei limiti nell'esercizio delle facoltà coercitive genitoriali", considerando che le condotte dei due adulti "si risolvevano in atti di violenza in nessun modo riconducibili a una legittima finalità correttiva". 


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