La Suprema Corte, rigettando il ricorso di un lavoratore volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto dalla datrice di lavoro, nonché il risarcimento del danno da demansionamento e da mobbing, precisa che la Corte d'Appello ha accertato in modo adeguato - dandone congrua motivazione - la natura non demansionante dei compiti lavorativi attribuiti al lavoratore nel reparto gastronomia, rispetto a quelli in precedenza svolti presso il reparto merci, appurando non solo che il livello retributivo è rimasto quello proprio della qualifica di appartenenza, ma anche che non sono emersi elementi probatori dai quali desumere che il lavoratore aveva svolto funzioni di "responsabile effettivo della gestione del reparto merci", sicché doveva escludersi una dequalificazione, salvo restando che lo spostamento del lavoratore è stato attuato nell'ambito di una movimentazione del personale riguardante una pluralità di dipendenti.
Vai al testo della sentenza 20569/2012Cassazione: legittimo esercizio dello 'ius variandi' da parte del datore di lavoro
L.S. | 01 dic 2012
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20569 del 21 novembre 2012, ha affermato, ribadendo quanto statuito da giurisprudenza consolidata, che "ai fini della verifica del legittimo esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro deve essere valutata dal giudice di merito - con giudizio di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente motivato - la omogeneità tra le mansioni successivamente attribuite e quelle di originaria appartenenza, sotto il profilo della loro equivalenza in concreto rispetto alla competenza richiesta, al livello professionale raggiunto ed alla utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente nella pregressa fase del rapporto e nella precedente attività svolta".
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