"In tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l'entrata in vigore del D.lgs. n. 38 del 2000, è indennizzabile l'infortunio occorso al lavoratore "in itinere" ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo".
E' quanto ricordato dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 21249 del 29 novembre 2012, ha accolto il ricorso di un lavoratore che, rimasto coinvolto in un sinistro stradale mentre si recava al lavoro in auto con il fratello alla guida, aveva richiesto e ottenuto dall'Inail l'indennizzo corrispondente. Successivamente l'Istituto però aveva ritenuto insussistente l'infortunio sul lavoro, proponendo querela nei confronti del ricorrente per truffa, sostenendo che il lavoratore avesse dolosamente tratto in inganno l'ente sulla natura del sinistro e sospendendo dunque l'erogazione della rendita.
La Corte di merito precisava che il procedimento penale per truffa nei confronti del dipendente iniziato su querela dell'Inail si era concluso con assoluzione perché «il fatto non sussiste», diversamente il procedimento penale a carico di entrambi i fratelli per danneggiamento, si era conclusa con l'applicazione della pena a richiesta della parte. Affermava, quindi, di dover accertare se l'infortunio era stato o meno infortunio sul lavoro, in itinere; "a fronte di risultanze processuali discordanti, la mera risultanza che il lavoratore fosse stato assolto dall'imputazione di truffa comportava solo che era stato accertato con autorità di giudicato che truffa non vi era stata, ma ciò non significava che l'infortunio avesse dovuto considerarsi commesso in occasione di lavoro.".
Il requisito della "occasione di lavoro" - precisano i giudici di legittimità - "implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio, indipendentemente dal grado maggiore o minore di questo, in relazione al quale il lavoro assuma il ruolo di fattore occasionale, mentre il limite della copertura assicurativa è costituito esclusivamente dal "rischio elettivo", intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento".
La Corte di appello aveva ritenuto che nella fattispecie in esame erano intervenuti una serie di fatti, non collegati all'attività lavorativa, che avevano interrotto il nesso di causalità emergendo, infatti, che i conducenti dei due autoveicoli si erano avvistati ben prima dell'incidente e lo scontro era stato cercato.
Nella specie - precisano i giudici di legittimità - non sono in contestazione i presupposti dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, che attengono sia alla sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito e attività lavorativa, sia alla necessità dell'uso del veicolo privato per raggiungere il luogo della prestazione. Dunque, l'accertamento di una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento richiedeva una specifica indagine sulla condotta personale del soggetto trasportato sull'autoveicolo al fine di stabilire l'esistenza o meno di un rapporto di causalità tra la condotta stessa e il sinistro.
Tale indagine non è stata compiuta dal giudice dell'appello, e la sentenza risulta quindi affetta dal denunciato vizio di motivazione, che si traduce in violazione dei principi di diritto richiamati.". La sentenza - concludono gli Ermellini - deve essere quindi cassata con rinvio al giudice designato, affinché accerti, sulla base delle risultanze acquisite al giudizio, e tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati, se nella specie la condotta del lavoratore, contribuendo al verificarsi del sinistro, abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata.
E' quanto ricordato dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 21249 del 29 novembre 2012, ha accolto il ricorso di un lavoratore che, rimasto coinvolto in un sinistro stradale mentre si recava al lavoro in auto con il fratello alla guida, aveva richiesto e ottenuto dall'Inail l'indennizzo corrispondente. Successivamente l'Istituto però aveva ritenuto insussistente l'infortunio sul lavoro, proponendo querela nei confronti del ricorrente per truffa, sostenendo che il lavoratore avesse dolosamente tratto in inganno l'ente sulla natura del sinistro e sospendendo dunque l'erogazione della rendita.
La Corte di merito precisava che il procedimento penale per truffa nei confronti del dipendente iniziato su querela dell'Inail si era concluso con assoluzione perché «il fatto non sussiste», diversamente il procedimento penale a carico di entrambi i fratelli per danneggiamento, si era conclusa con l'applicazione della pena a richiesta della parte. Affermava, quindi, di dover accertare se l'infortunio era stato o meno infortunio sul lavoro, in itinere; "a fronte di risultanze processuali discordanti, la mera risultanza che il lavoratore fosse stato assolto dall'imputazione di truffa comportava solo che era stato accertato con autorità di giudicato che truffa non vi era stata, ma ciò non significava che l'infortunio avesse dovuto considerarsi commesso in occasione di lavoro.".
Il requisito della "occasione di lavoro" - precisano i giudici di legittimità - "implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio, indipendentemente dal grado maggiore o minore di questo, in relazione al quale il lavoro assuma il ruolo di fattore occasionale, mentre il limite della copertura assicurativa è costituito esclusivamente dal "rischio elettivo", intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento".
La Corte di appello aveva ritenuto che nella fattispecie in esame erano intervenuti una serie di fatti, non collegati all'attività lavorativa, che avevano interrotto il nesso di causalità emergendo, infatti, che i conducenti dei due autoveicoli si erano avvistati ben prima dell'incidente e lo scontro era stato cercato.
Nella specie - precisano i giudici di legittimità - non sono in contestazione i presupposti dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere, che attengono sia alla sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito e attività lavorativa, sia alla necessità dell'uso del veicolo privato per raggiungere il luogo della prestazione. Dunque, l'accertamento di una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento richiedeva una specifica indagine sulla condotta personale del soggetto trasportato sull'autoveicolo al fine di stabilire l'esistenza o meno di un rapporto di causalità tra la condotta stessa e il sinistro.
Tale indagine non è stata compiuta dal giudice dell'appello, e la sentenza risulta quindi affetta dal denunciato vizio di motivazione, che si traduce in violazione dei principi di diritto richiamati.". La sentenza - concludono gli Ermellini - deve essere quindi cassata con rinvio al giudice designato, affinché accerti, sulla base delle risultanze acquisite al giudizio, e tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati, se nella specie la condotta del lavoratore, contribuendo al verificarsi del sinistro, abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata.
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