La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19454 del 2012, si è pronunciata in materia di comunione legale tra i coniugi e, in particolare, relativamente all'appartenenza o meno alla comunione legale dei beni mobili acquistati in costanza di matrimonio con risorse personali.
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha affermato il principio secondo il quale restano acquisiti al patrimonio personale di ciascuno dei coniugi i valori mobiliari eventualmente acquistati da ciascuno, pur in regime di comunione legale, con mezzi economici esclusivamente propri (nella specie si trattava dell'acquisto di titoli effettuato con i proventi della vendita di un immobile in proprietà esclusiva di uno dei coniugi).
Il codice civile, all'art. 179, stabilisce, quanto al loro ingresso nel patrimonio comune, un regime differenziato a seconda che si tratti di beni immobili o mobili registrati, ovvero di beni mobili.
In particolare, per quanto riguarda gli immobili e mobili registrati, la norma prescrive che gli stessi non rientrino nella comunione, anche se acquistati in costanza di matrimonio, nel caso in cui tale esclusione risulti espressamente dall'atto di acquisto.
Parimenti, la stessa norma, alla lettera f), stabilisce che restino esclusi dalla comunione legale tutti i beni acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali di uno dei coniugi o con il loro scambio, purchè - anche qui - ciò sia espressamente dichiarato nell'atto di acquisto.
Ebbene, è proprio dal combinato disposto di tali norme che la Suprema Corte prende le mosse per esprimere il principio sencondo il quale è soltanto con riferimento all'acquisto di beni immobili (o mobili di cui all'art. 2683 cod. civ.) che la legge richiede la doppia condizione della dichiarazione espressa in atto e della necessaria presenza del coniuge ai fini del concorde riconoscimento della natura personale dei beni, oltre all'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione tassativamente previste.
La Cassazione, dunque, riconosce la titolarità personale in capo ad uno dei coniugi dei beni acquisiti con il provento della vendita di beni personali, purchè ne sia fatta espressa dichiarazione e, nel caso di beni immobili, siano rispettate le regole di cui all'art. 179, ultimo comma, cod. civ..
Ma non è tutto: i giudici di legittimità si spingono oltre, statuendo che non occorrerebbe neppure l'espressa dichiarazione di cui alla lettera f) della norma citata, nel caso in cui esistesse una prova certa della provenienza delle somme impiegate per l'acquisto dal trasferimento di beni strettamente personali, che già in precedenza non rientravano nella comunione.
Vai al testo della sentenza 19454/2012
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha affermato il principio secondo il quale restano acquisiti al patrimonio personale di ciascuno dei coniugi i valori mobiliari eventualmente acquistati da ciascuno, pur in regime di comunione legale, con mezzi economici esclusivamente propri (nella specie si trattava dell'acquisto di titoli effettuato con i proventi della vendita di un immobile in proprietà esclusiva di uno dei coniugi).
Il codice civile, all'art. 179, stabilisce, quanto al loro ingresso nel patrimonio comune, un regime differenziato a seconda che si tratti di beni immobili o mobili registrati, ovvero di beni mobili.
In particolare, per quanto riguarda gli immobili e mobili registrati, la norma prescrive che gli stessi non rientrino nella comunione, anche se acquistati in costanza di matrimonio, nel caso in cui tale esclusione risulti espressamente dall'atto di acquisto.
Parimenti, la stessa norma, alla lettera f), stabilisce che restino esclusi dalla comunione legale tutti i beni acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali di uno dei coniugi o con il loro scambio, purchè - anche qui - ciò sia espressamente dichiarato nell'atto di acquisto.
Ebbene, è proprio dal combinato disposto di tali norme che la Suprema Corte prende le mosse per esprimere il principio sencondo il quale è soltanto con riferimento all'acquisto di beni immobili (o mobili di cui all'art. 2683 cod. civ.) che la legge richiede la doppia condizione della dichiarazione espressa in atto e della necessaria presenza del coniuge ai fini del concorde riconoscimento della natura personale dei beni, oltre all'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione tassativamente previste.
La Cassazione, dunque, riconosce la titolarità personale in capo ad uno dei coniugi dei beni acquisiti con il provento della vendita di beni personali, purchè ne sia fatta espressa dichiarazione e, nel caso di beni immobili, siano rispettate le regole di cui all'art. 179, ultimo comma, cod. civ..
Ma non è tutto: i giudici di legittimità si spingono oltre, statuendo che non occorrerebbe neppure l'espressa dichiarazione di cui alla lettera f) della norma citata, nel caso in cui esistesse una prova certa della provenienza delle somme impiegate per l'acquisto dal trasferimento di beni strettamente personali, che già in precedenza non rientravano nella comunione.
Vai al testo della sentenza 19454/2012
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: