Non si può parlare di "ingiustificato arricchimento" della pubblica amministrazione, per lavori svolti da un professionista, se è stata sottoscritta una clausola che vincola la remunerazione all'erogazione di finanziamenti.
E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione (sentenza n.20084/2012) occupandosi nel caso di un ingegnere che aveva sottoscritto un incarico deliberato dal comitato di gestione si una Asl. Nel documento sottoscritto veniva accettata la condizione secondo cui l'obbligo di pagamento del compenso per la realizzazione del progetto sarebbe sorto solo nel momento in cui l'opera sarebbe stata finanziata dalla Regione.
Per questo, non essendo stata finanziata l'opera, l'ingegnere non ha diritto al compenso professionale né può proporre azioni di indebito arricchimento nei confronti della Pubblica Amministrazione.
La prima sezione civile ha Così confermato la decisione dei giudici di merito che aveva respinto la domanda di pagamento per il fatto che tecnici avevano dichiarato «di accettare a finanziamento avvenuto la liquidazione delle competenze tecniche spettanti».
Nella delibera di affidamento dell'incarico del comitato di gestione della Asl gli onorari ai professionisti sarebbero stati pagati «solo nel caso in cui le opere da realizzare verranno finanziate» dalla Regione.
Insomma, proprio con la sottoscrizione del contratto i due professionisti hanno accettato di non percepire remunerazione del loro lavoro in caso di mancanza del finanziamento. Un assenso incompatibile con ogni diritto al pagamento.
Secondo la Corte "La natura dell'azione d'ingiustificato arricchimento, incompatibile con una fonte contrattuale del chiesto pagamento dei compensi, non consente una rinuncia a diritti eterodeterminati quali quelli esercitati con essa, prima dell'accertamento dei presupposti di fatto e di diritto degli stessi diritti e quindi all'esame di fondatezza della domanda, in concreto negata nel merito. Nel caso la dichiarazione dei professionisti e la delibera di incarico confermano che nessuna prestazione professionale si era concordata in un contratto concluso legittimamente e che nessun diritto al compenso era sorto per i ricorrenti, i quali a nulla hanno rinunciato. La presunzione di conoscenza della delibera di conferimento dell'incarico da parte dei professionisti al momento della esecuzione della loro prestazione, non può configurarsi come tacita rinuncia a un diritto condizionato, di cui si ignora se e quando verrà in vita".
Per questo, il ricorso è stato respinto e ai ricorrenti non resta che pagare i compensi professionali dei difensori di controparte.
Vai al testo della sentenza 20084/2012
E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione (sentenza n.20084/2012) occupandosi nel caso di un ingegnere che aveva sottoscritto un incarico deliberato dal comitato di gestione si una Asl. Nel documento sottoscritto veniva accettata la condizione secondo cui l'obbligo di pagamento del compenso per la realizzazione del progetto sarebbe sorto solo nel momento in cui l'opera sarebbe stata finanziata dalla Regione.
Per questo, non essendo stata finanziata l'opera, l'ingegnere non ha diritto al compenso professionale né può proporre azioni di indebito arricchimento nei confronti della Pubblica Amministrazione.
La prima sezione civile ha Così confermato la decisione dei giudici di merito che aveva respinto la domanda di pagamento per il fatto che tecnici avevano dichiarato «di accettare a finanziamento avvenuto la liquidazione delle competenze tecniche spettanti».
Nella delibera di affidamento dell'incarico del comitato di gestione della Asl gli onorari ai professionisti sarebbero stati pagati «solo nel caso in cui le opere da realizzare verranno finanziate» dalla Regione.
Insomma, proprio con la sottoscrizione del contratto i due professionisti hanno accettato di non percepire remunerazione del loro lavoro in caso di mancanza del finanziamento. Un assenso incompatibile con ogni diritto al pagamento.
Secondo la Corte "La natura dell'azione d'ingiustificato arricchimento, incompatibile con una fonte contrattuale del chiesto pagamento dei compensi, non consente una rinuncia a diritti eterodeterminati quali quelli esercitati con essa, prima dell'accertamento dei presupposti di fatto e di diritto degli stessi diritti e quindi all'esame di fondatezza della domanda, in concreto negata nel merito. Nel caso la dichiarazione dei professionisti e la delibera di incarico confermano che nessuna prestazione professionale si era concordata in un contratto concluso legittimamente e che nessun diritto al compenso era sorto per i ricorrenti, i quali a nulla hanno rinunciato. La presunzione di conoscenza della delibera di conferimento dell'incarico da parte dei professionisti al momento della esecuzione della loro prestazione, non può configurarsi come tacita rinuncia a un diritto condizionato, di cui si ignora se e quando verrà in vita".
Per questo, il ricorso è stato respinto e ai ricorrenti non resta che pagare i compensi professionali dei difensori di controparte.
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