Con la sentenza 22909/2012 la Corte di Cassazione ha riconosciuto ancora una volta il valore e il significativo apporto del lavoro delle casalinghe nelle famiglie: sotto questo profilo la Corte fa notare che il danno morale per la morte di una madre casalinga può essere provato per presunzioni ed è svincolato dalla liquidazione del danno biologico.
Tale danno morale, infatti, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari del danno biologico, non è ricompreso in quest'ultimo e va liquidato a parte, con criterio equitativo che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto.
L'entità del risarcimento deve quindi essere personalizzata e commisurata alla perdita del rapporto affettivo. È, pertanto, errata - si legge in sentenza - la liquidazione "in misura pari a una frazione dell'importo liquidato a titolo di danno biologico perché tale criterio non rende evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo".
I congiunti della vittima di un illecito (non solo in caso di morte, ma anche in caso di gravi lesioni personali) hanno quindi il diritto di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali come diritto proprio e personale; non quale mero effetto riflesso del danno subito dalla vittima: "In caso di morte di una casalinga i congiunti conviventi hanno diritto al risarcimento del danno subito per la perdita delle prestazioni attinenti alla cura e assistenza dalla stessa fornita, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente, o facendo riferimento al criterio del triplo della pensione sociale o ponendo riguardo al reddito di una collaboratrice familiare (con gli opportuni adattamenti per la maggiore ampiezza di compiti esercitati dalla casalinga)".
Come nel caso in esame, accertate concretamente le attività della donna, moglie e madre di tre figli, tutti conviventi, e con l'anziana madre a carico, è stato ritenuto innegabile l'apporto fondamentale della madre di famiglia alla vita di figli e coniuge, in cui il risarcimento deve essere svincolato dal danno biologico.
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Tale danno morale, infatti, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari del danno biologico, non è ricompreso in quest'ultimo e va liquidato a parte, con criterio equitativo che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto.
L'entità del risarcimento deve quindi essere personalizzata e commisurata alla perdita del rapporto affettivo. È, pertanto, errata - si legge in sentenza - la liquidazione "in misura pari a una frazione dell'importo liquidato a titolo di danno biologico perché tale criterio non rende evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo".
I congiunti della vittima di un illecito (non solo in caso di morte, ma anche in caso di gravi lesioni personali) hanno quindi il diritto di chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali come diritto proprio e personale; non quale mero effetto riflesso del danno subito dalla vittima: "In caso di morte di una casalinga i congiunti conviventi hanno diritto al risarcimento del danno subito per la perdita delle prestazioni attinenti alla cura e assistenza dalla stessa fornita, le quali, benché non produttive di reddito, sono valutabili economicamente, o facendo riferimento al criterio del triplo della pensione sociale o ponendo riguardo al reddito di una collaboratrice familiare (con gli opportuni adattamenti per la maggiore ampiezza di compiti esercitati dalla casalinga)".
Come nel caso in esame, accertate concretamente le attività della donna, moglie e madre di tre figli, tutti conviventi, e con l'anziana madre a carico, è stato ritenuto innegabile l'apporto fondamentale della madre di famiglia alla vita di figli e coniuge, in cui il risarcimento deve essere svincolato dal danno biologico.
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