Possono costituirsi parte civile nel processo penale anche soggetti che non sono legati da rapporti di stretta parentela con la vittima del reato.
E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione occupandosi del caso di una richiesta di risarcimento danni richiesti per la morte di un lavoratore avvenuta sul luogo di lavoro.
La Quarta sezione penale della Corte (sentenza n. 43434/2012) in particolare ha riconosciuto ammissibile la costituzione di un Consorzio Familiare che aveva ospitato durante la permanenza in Italia, un operaio, cittadino extracomunitario, privo di permesso soggiorno.
La morte del lavoratore, precipitato dall'altezza di otto metri nel corso della sua attività lavorativa svolta sul tetto di un capannone, è stata riconosciuta Corte fonte del diritto al risarcimento danni in favore della famiglia "acquisita" nel nostro paese, consistente appunto nell'associazione che ha accolto ed aiutato il clandestino con la legittima aspettativa di vedere riconosciuta e ricambiata la propria generosità nel futuro.
I giudici del Palazzaccio hanno quindi respinto i ricorsi proposti dalla società per la quale il lavoratore prestava la propria opera, e dal capo del cantiere dove si è verificato il grave incidente sul lavoro, riconosciuti colpevoli del reato di omicidio colposo ai danni dello sfortunato lavoratore extracomunitario per via del mancato utilizzo dei dispositivi di sicurezza previsti dalla legge e, di conseguenza, della mancata vigilanza.
I responsabili dovranno quindi risarcire anche la famiglia che ha accolto il lavoratore nel Belpaese. Gli ermellini hanno anche chiarito che l'infortunio ha cagionato un danno nel momento in cui ha creato un impedimento al legittimo legame affettivo e patrimoniale creatosi per via di una condivisione di vita ed affetti che implicano una reciproca assistenza, sia dal punto di vista materiale, sia da quello morale.
La Corte di Cassazione in sostanza asserisce che in ogni caso in cui la perdita costituisce la fine di un rapporto di "affectio familiaris", si configura la lesione di un interesse all'integrità morale così come previsto dall'articolo 2 della Costituzione.
Il principio affermato dalla Corte di Cassazione risulta essere un importante elemento di riconoscimento dei legami affettivi diversi da quelli strettamente familiari, ormai sempre più comuni nella società multietnica che compone il nostro paese e, più in generale, la società moderna. Ancor più laddove si parli di extracomunitari, che lontani dal paese di provenienza e dalla famiglia d'origine, stabiliscono legami anche di affetto con chi fornisce loro accoglienza, aiuto e assistenza.
Da notare come nella parte motiva della sentenza non venga dato peso alcuno al fatto che il lavoratore in questione fosse un immigrato clandestino, anche in considerazione del fatto che coloro che sono stati riconosciuti responsabili a titolo colposo del suo decesso erano ovviamente consapevoli della sua posizione irregolare dal punto di vista del soggiorno nel nostro paese, rendendosi responsabili inoltre delle omissioni relative alla regolarizzazione del rapporto di lavoro.
Vai al testo della sentenza n. 43434 - 2012
E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione occupandosi del caso di una richiesta di risarcimento danni richiesti per la morte di un lavoratore avvenuta sul luogo di lavoro.
La Quarta sezione penale della Corte (sentenza n. 43434/2012) in particolare ha riconosciuto ammissibile la costituzione di un Consorzio Familiare che aveva ospitato durante la permanenza in Italia, un operaio, cittadino extracomunitario, privo di permesso soggiorno.
La morte del lavoratore, precipitato dall'altezza di otto metri nel corso della sua attività lavorativa svolta sul tetto di un capannone, è stata riconosciuta Corte fonte del diritto al risarcimento danni in favore della famiglia "acquisita" nel nostro paese, consistente appunto nell'associazione che ha accolto ed aiutato il clandestino con la legittima aspettativa di vedere riconosciuta e ricambiata la propria generosità nel futuro.
I giudici del Palazzaccio hanno quindi respinto i ricorsi proposti dalla società per la quale il lavoratore prestava la propria opera, e dal capo del cantiere dove si è verificato il grave incidente sul lavoro, riconosciuti colpevoli del reato di omicidio colposo ai danni dello sfortunato lavoratore extracomunitario per via del mancato utilizzo dei dispositivi di sicurezza previsti dalla legge e, di conseguenza, della mancata vigilanza.
I responsabili dovranno quindi risarcire anche la famiglia che ha accolto il lavoratore nel Belpaese. Gli ermellini hanno anche chiarito che l'infortunio ha cagionato un danno nel momento in cui ha creato un impedimento al legittimo legame affettivo e patrimoniale creatosi per via di una condivisione di vita ed affetti che implicano una reciproca assistenza, sia dal punto di vista materiale, sia da quello morale.
La Corte di Cassazione in sostanza asserisce che in ogni caso in cui la perdita costituisce la fine di un rapporto di "affectio familiaris", si configura la lesione di un interesse all'integrità morale così come previsto dall'articolo 2 della Costituzione.
Il principio affermato dalla Corte di Cassazione risulta essere un importante elemento di riconoscimento dei legami affettivi diversi da quelli strettamente familiari, ormai sempre più comuni nella società multietnica che compone il nostro paese e, più in generale, la società moderna. Ancor più laddove si parli di extracomunitari, che lontani dal paese di provenienza e dalla famiglia d'origine, stabiliscono legami anche di affetto con chi fornisce loro accoglienza, aiuto e assistenza.
Da notare come nella parte motiva della sentenza non venga dato peso alcuno al fatto che il lavoratore in questione fosse un immigrato clandestino, anche in considerazione del fatto che coloro che sono stati riconosciuti responsabili a titolo colposo del suo decesso erano ovviamente consapevoli della sua posizione irregolare dal punto di vista del soggiorno nel nostro paese, rendendosi responsabili inoltre delle omissioni relative alla regolarizzazione del rapporto di lavoro.
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