Non deve risarcire il danno l'avvocato non iscritto all'albo speciale che falsifica la firma del collega che lo affianca nella difesa. È questo quanto stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 22890/2012, in tema di professioni liberali. Gli Ermellini hanno precisato che la falsificazione della firma di un collega che lo affianca nella difesa di fronte al Consiglio di Stato non obbliga il legale non iscritto nell'albo speciale a risarcire il danno al cliente. La lesione, infatti, non è in re ipsa ma deve essere provata in maniera specifica.
La decisione è l'esito del ricorso di un cliente che citava in giudizio il suo avvocato che lo aveva difeso dinanzi alle giurisdizioni amministrative superiori senza essere iscritto all'albo speciale, e per essere stato per altro verso destinatario di un provvedimento di sospensione dall'esercizio della professione per aver falsificato la firma di un altro avvocato che lo aveva affiancato nella difesa.
Per quanto riguarda la mancata abilitazione alla difesa dell'avvocato per non avere tale circostanza procurato danno all'attore, il giudice di primo grado aveva respinto la domanda risarcitoria avanzata dal cliente, mentre aveva accolto la richiesta di danni come conseguenza del falso. La decisione di primo grado veniva poi impugnata da entrambi: la Corte di Appello di Roma, accogliendo il gravame incidentale del cliente e rigettando quello dell'avvocato, condannava quest'ultimo al pagamento di un ulteriore somma a titolo di risarcimento per aver operato nella qualità di avvocato senza essere a ciò abilitato.
La sentenza finiva poi dinanzi alla Suprema Corte che ribaltava il verdetto spiegando che "le sentenze rese l'11 novembre del 2008 da questa corte regolatrice in tema di danni non patrimoniali, difatti (ma il principio è ovviamente applicabile a qualsivoglia tipo di danno e, più in generale a qualsiasi tipo di pretesa azionata in giudizio, stante il fondamentale disposto dell'art. 2697 c.c.) hanno specificato come sia onere del danneggiato fornire al giudice del merito i necessari elementi di prova funzionali a dimostrare, sul piano processuale, tanto l'esistenza quanto l'entità delle conseguenze dannose risarcibili asseritamente subite a seguito del prodursi di un evento di danno connotato dal carattere del contra ius e del non iure, non essendo legittimamente predicabile, in seno al sottosistema civilistico della responsabilità, alcuna fattispecie di danni in re ipsa". Apodittica si appalesa, pertanto, l'affermazione (…) secondo la quale la mera circostanza del falso per sostituzione di persona avrebbe arrecato un danno risarcibile all'odierno resistente (a distanza di oltre due anni dalla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che rigettava le sue istanze), mentre del tutto sfornita di prova (oltre che frutto di una inesatta lettura del decisum del massimo organo di giustizia amministrativa) si appalesa la ulteriore deduzione dell'esistenza di un danno conseguente alla pretesa lesione del diritto costituzionale di difesa volta che il ricorso amministrativo era stato, in realtà, rigettato nel merito e non dichiarato inammissibile — avendo in proposito il giudice di primo grado esattamente osservato come quello stesso ricorso fosse stato correttamente impostato in diritto — con motivazione in diritto che escludeva implicitamente qualsivoglia errore nella conduzione della difesa".
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La decisione è l'esito del ricorso di un cliente che citava in giudizio il suo avvocato che lo aveva difeso dinanzi alle giurisdizioni amministrative superiori senza essere iscritto all'albo speciale, e per essere stato per altro verso destinatario di un provvedimento di sospensione dall'esercizio della professione per aver falsificato la firma di un altro avvocato che lo aveva affiancato nella difesa.
Per quanto riguarda la mancata abilitazione alla difesa dell'avvocato per non avere tale circostanza procurato danno all'attore, il giudice di primo grado aveva respinto la domanda risarcitoria avanzata dal cliente, mentre aveva accolto la richiesta di danni come conseguenza del falso. La decisione di primo grado veniva poi impugnata da entrambi: la Corte di Appello di Roma, accogliendo il gravame incidentale del cliente e rigettando quello dell'avvocato, condannava quest'ultimo al pagamento di un ulteriore somma a titolo di risarcimento per aver operato nella qualità di avvocato senza essere a ciò abilitato.
La sentenza finiva poi dinanzi alla Suprema Corte che ribaltava il verdetto spiegando che "le sentenze rese l'11 novembre del 2008 da questa corte regolatrice in tema di danni non patrimoniali, difatti (ma il principio è ovviamente applicabile a qualsivoglia tipo di danno e, più in generale a qualsiasi tipo di pretesa azionata in giudizio, stante il fondamentale disposto dell'art. 2697 c.c.) hanno specificato come sia onere del danneggiato fornire al giudice del merito i necessari elementi di prova funzionali a dimostrare, sul piano processuale, tanto l'esistenza quanto l'entità delle conseguenze dannose risarcibili asseritamente subite a seguito del prodursi di un evento di danno connotato dal carattere del contra ius e del non iure, non essendo legittimamente predicabile, in seno al sottosistema civilistico della responsabilità, alcuna fattispecie di danni in re ipsa". Apodittica si appalesa, pertanto, l'affermazione (…) secondo la quale la mera circostanza del falso per sostituzione di persona avrebbe arrecato un danno risarcibile all'odierno resistente (a distanza di oltre due anni dalla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che rigettava le sue istanze), mentre del tutto sfornita di prova (oltre che frutto di una inesatta lettura del decisum del massimo organo di giustizia amministrativa) si appalesa la ulteriore deduzione dell'esistenza di un danno conseguente alla pretesa lesione del diritto costituzionale di difesa volta che il ricorso amministrativo era stato, in realtà, rigettato nel merito e non dichiarato inammissibile — avendo in proposito il giudice di primo grado esattamente osservato come quello stesso ricorso fosse stato correttamente impostato in diritto — con motivazione in diritto che escludeva implicitamente qualsivoglia errore nella conduzione della difesa".
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