Appuntamento n. 21 con il diritto amministrativo presi per mano, nei meandri dei Tar, dal nostro ...Virgilio, al secolo Prof. Avv. Ciro Centore che stavolta si occupa di autorizzazioni all'esercizio di attività; buona lettura e buone Feste!
TAR LAZIO / IL QUESTORE PUO' LEGITTIMAMENTE REVOCARE LA AUTORIZZAZIONE PER L'ATTIVITA' DELL'ESERCIZIO "LA DOLCE VITA".
Si è discusso, dinanzi al TAR del Lazio, Sez. I ter, in ordine al se, una volta rilasciata la licenza per "trattenimenti danzanti" ed "esecuzioni musicali" all'interno di un locale, detta autorizzazione amministrativa potesse essere, poi, per ragioni di ordine e di sicurezza della stessa clientela/utenza, essere "revocata" dal Questore.
In altre parole è stato chiamato in causa il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del lontano 1931 (art.100 R.D. 18/6/31 n.773) e la sua "vigenza" ed estensione di operatività.
Detto art. 100 attribuisce, letteralmente, al Questore, il potere di "sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.
E, sempre in detto art. 100, al comma II, si soggiunge che "qualora si ripetano i fatti che abbiano determinato la sospensione, la licenza può essere revocata". Da tutto ciò ne consegue che questi provvedimenti "sospensione e revoca" hanno natura di misura "cautelare", con finalità di prevenzione rispetto ai pericoli che possono minacciare l'ordine e la sicurezza pubblica, sicchè si prescinde dall'accertamento della "colpa" del titolare di questo esercizio, essendo chiaramente prevalente la finalità "dissuasiva" della frequentazione malavitosa, così come affermato in altre fattispecie dallo stesso Consiglio di Stato.
In altri termini, dice il TAR, la "ratio" della norma non è quella di sanzionare la condotta del "gestore" di un pubblico esercizio, per aver consentito la presenza, nel proprio locale di persone potenzialmente pericolose per l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini ma quella di impedire, attraverso la chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale, in modo da salvaguardare l'ordine e la sicurezza dei cittadini.
Nel caso specifico, e in questo esercizio, si erano avuti episodi di violenza all'interno del locale, tali da rappresentare una situazione di "pericolosità sociale", tra cui una lite, sicchè anche l'utilizzo di addetti alla sicurezza o comportamenti "collaborativi" con le forze dell'ordine, da parte del titolare della licenza e specificatamente da parte della moglie dello stesso, non avevano alcuna rilevanza sul provvedimento di necessità assunto dal Questore e rappresentato da una chiusura vera e propria, dell'esercizio, con notifica di revoca dell'autorizzazione.E lo si è fatto, per l'appunto, per la pericolosità che si determinava a danno della collettività e prescindendosi, si ripete, da una specifica responsabilità del gestore.
La sentenza, sub.n.110190/2012, è della I Sezione Ter del TAR Lazio ed è siglata dal Presidente Morabito e dal Relatore Mangia.
Autore Prof. Avv. Ciro Centore
TAR LAZIO / IL QUESTORE PUO' LEGITTIMAMENTE REVOCARE LA AUTORIZZAZIONE PER L'ATTIVITA' DELL'ESERCIZIO "LA DOLCE VITA".
Si è discusso, dinanzi al TAR del Lazio, Sez. I ter, in ordine al se, una volta rilasciata la licenza per "trattenimenti danzanti" ed "esecuzioni musicali" all'interno di un locale, detta autorizzazione amministrativa potesse essere, poi, per ragioni di ordine e di sicurezza della stessa clientela/utenza, essere "revocata" dal Questore.
In altre parole è stato chiamato in causa il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del lontano 1931 (art.100 R.D. 18/6/31 n.773) e la sua "vigenza" ed estensione di operatività.
Detto art. 100 attribuisce, letteralmente, al Questore, il potere di "sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.
E, sempre in detto art. 100, al comma II, si soggiunge che "qualora si ripetano i fatti che abbiano determinato la sospensione, la licenza può essere revocata". Da tutto ciò ne consegue che questi provvedimenti "sospensione e revoca" hanno natura di misura "cautelare", con finalità di prevenzione rispetto ai pericoli che possono minacciare l'ordine e la sicurezza pubblica, sicchè si prescinde dall'accertamento della "colpa" del titolare di questo esercizio, essendo chiaramente prevalente la finalità "dissuasiva" della frequentazione malavitosa, così come affermato in altre fattispecie dallo stesso Consiglio di Stato.
In altri termini, dice il TAR, la "ratio" della norma non è quella di sanzionare la condotta del "gestore" di un pubblico esercizio, per aver consentito la presenza, nel proprio locale di persone potenzialmente pericolose per l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini ma quella di impedire, attraverso la chiusura del locale, il protrarsi di una situazione di pericolosità sociale, in modo da salvaguardare l'ordine e la sicurezza dei cittadini.
Nel caso specifico, e in questo esercizio, si erano avuti episodi di violenza all'interno del locale, tali da rappresentare una situazione di "pericolosità sociale", tra cui una lite, sicchè anche l'utilizzo di addetti alla sicurezza o comportamenti "collaborativi" con le forze dell'ordine, da parte del titolare della licenza e specificatamente da parte della moglie dello stesso, non avevano alcuna rilevanza sul provvedimento di necessità assunto dal Questore e rappresentato da una chiusura vera e propria, dell'esercizio, con notifica di revoca dell'autorizzazione.
La sentenza, sub.n.110190/2012, è della I Sezione Ter del TAR Lazio ed è siglata dal Presidente Morabito e dal Relatore Mangia.
Autore Prof. Avv. Ciro Centore
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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