I social network fanno ormai parte della vita quotidiana di giovani e meno giovani che, attraverso questi punti di incontro virtuali, possono condividere pensieri, immagini e notizie che possono anche afferire alla loro sfera strettamente privata.
Proprio questa potenziale invasivita' dei social network fa si che purtroppo, a vole, essi si trasformino da strumento di convivialita' a mezzo per commettere reati, anche gravi.
In particolare, i social network, raggiungendo la sfera privata dei soggetti, si prestano ad essere veicolo di molestie o minacce le quali - pur integrando di per se' sole un reato - ove divengano assillanti, ripetute e persecutorie, possono arrivare a configurare quel particolare comportamento illecito chiamato stalking (dal verbo in lingua inglese to stalk, che significa "procedere furtivamente" ed è sovente utilizzato per indicare il cacciatore in agguato).
Tipici dell'atteggiamento dello stalker, infatti, sono gli appostamenti nei pressi dell'abitazione o degli altri luoghi frequentati dalla persona offesa, le continue intrusioni nella sua vita privata, l'ossessiva ricerca di un contatto personale o telefonico, anche attraverso chiamate dal contenuto osceno, i pedinamenti accompagnati da insulti o minacce, l'invio incessante di lettere, sms, e-mail, a qualunque ora del giorno e della notte ed in qualunque contesto. Questa ricerca ossessiva del controllo e della conoscenza della vita della vittima e l'impulso irrefrenabile all'intrusione nella sua sfera privata possono essere agevolmente perpetrate, come e' agevolmente intuibile, utilizzando il veicolo dei social network.
Attraverso il proprio profilo online, infatti, i soggetti sono facilmente raggiungibili e possono essere fatti oggetto di continui messaggi, di ingiurie, di minacce e finanche di diffamazione, dal momento che il mezzo telematico può raggiungere un numero i deteibato di altri utenti. Attraverso i servizi di localizzazione offerti dai social network, inoltre, la vittima, postando le proprie attività, rischia di rendersi rintracciabile ed oggetto di controllo anche quando non lo desidera.
Anche la Corte di Cassazione, tra l'altro, ha recentemente riconosciuto espressamente i social network come possibile veicolo per la perpetrazione del reato in esame (Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza 30 agosto 2010, n.32404).
Ma vediamo, nel dettaglio, cosa prevedono le nuove norme e cosa rischia chi si lascia andare ad atti persecutori.
Il reato di Stalking è stato introdotto nel Codice Penale italiano all'art. 612 bis, che lo rubrica come "Atti Persecutori", soltanto di recente, con l'art.7 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, per far fronte al preoccupante fenomeno dell'incremento della violenza contro le donne e dei cosiddetti femminicidi; in molti casi, infatti - e tanto la letteratura scientifica sull'argomento, quanto la cronaca nera lo confermano - le continue, reiterate ed assillanti molestie hanno un carattere patologico e sfociano in atti vandalici, maltrattamenti fisici, fino a culminare in gravi fatto di sangue.
La norma punisce con la reclusione che va da 6 mesi a 4 anni chiunque minaccia o molesta un'altra persona in modo reiterato ed insistente, ingenerando nella stessa un grave e costante stato di ansia, di paura e di disagio psichico, accompagnati dal fondato timore di poter ricevere una seria offesa alla propria incolumita' personale o a quella di un proprio congiunto o di altra persona cara.
Perché possa dirsi integrato il reato e non si possa, invece, parlare di semplici molestie, ingiurie, diffamazioni o minacce, i comportamenti messi in atto dal persecutore devono essere tali da costringere la vittima a modificare, per paura, le proprie abitudini di vita.
La legge, poi, prevede un'aggravante nel caso in cui il reato sia commesso dal coniuge separato o divorziato o da un soggetto che sia stato legato sentimentalmente alla persona offesa: il persecutore, infatti, può essere un perfetto sconosciuto, ma si è osservato che, viceversa, nella maggior parte dei casi è un soggetto che ha avuto contatti con la vittima, sovente un familiare o un ex coniuge o fidanzato che, in modo distorto, tentano un approccio con la persona offesa. Parimenti, il reato e' aggravato se commesso ai danni di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile o, ancora, avvalendosi dell'uso di armi o da persona che si presenti travisata.
Il reato di Atti Persecutori non è procedibile d'ufficio, ma il termine per la proposizione della querela è - come per i delitti a sfondo sessuale - aumentato da tre a sei mesi. Si procede, invece, d'ufficio nel caso in cui la vittima sia un minore o un soggetto disabile, o in quei casi in cui il delitto di stalking sia connesso con altro reato procedibile d'ufficio.
Di pari passo con l'introduzione della nuova figura di reato, è stata introdotta, all'art. 282 ter c.p.p., anche una ulteriore misura cautelare: il divieto di avvicinamento a tutti i luoghi frequentati dalla vittima del reato (ad esempio l'abitazione, il luogo di lavoro, la scuola ecc...).
Proprio questa potenziale invasivita' dei social network fa si che purtroppo, a vole, essi si trasformino da strumento di convivialita' a mezzo per commettere reati, anche gravi.
In particolare, i social network, raggiungendo la sfera privata dei soggetti, si prestano ad essere veicolo di molestie o minacce le quali - pur integrando di per se' sole un reato - ove divengano assillanti, ripetute e persecutorie, possono arrivare a configurare quel particolare comportamento illecito chiamato stalking (dal verbo in lingua inglese to stalk, che significa "procedere furtivamente" ed è sovente utilizzato per indicare il cacciatore in agguato).
Tipici dell'atteggiamento dello stalker, infatti, sono gli appostamenti nei pressi dell'abitazione o degli altri luoghi frequentati dalla persona offesa, le continue intrusioni nella sua vita privata, l'ossessiva ricerca di un contatto personale o telefonico, anche attraverso chiamate dal contenuto osceno, i pedinamenti accompagnati da insulti o minacce, l'invio incessante di lettere, sms, e-mail, a qualunque ora del giorno e della notte ed in qualunque contesto. Questa ricerca ossessiva del controllo e della conoscenza della vita della vittima e l'impulso irrefrenabile all'intrusione nella sua sfera privata possono essere agevolmente perpetrate, come e' agevolmente intuibile, utilizzando il veicolo dei social network.
Attraverso il proprio profilo online, infatti, i soggetti sono facilmente raggiungibili e possono essere fatti oggetto di continui messaggi, di ingiurie, di minacce e finanche di diffamazione, dal momento che il mezzo telematico può raggiungere un numero i deteibato di altri utenti. Attraverso i servizi di localizzazione offerti dai social network, inoltre, la vittima, postando le proprie attività, rischia di rendersi rintracciabile ed oggetto di controllo anche quando non lo desidera.
Anche la Corte di Cassazione, tra l'altro, ha recentemente riconosciuto espressamente i social network come possibile veicolo per la perpetrazione del reato in esame (Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza 30 agosto 2010, n.32404).
Ma vediamo, nel dettaglio, cosa prevedono le nuove norme e cosa rischia chi si lascia andare ad atti persecutori.
Il reato di Stalking è stato introdotto nel Codice Penale italiano all'art. 612 bis, che lo rubrica come "Atti Persecutori", soltanto di recente, con l'art.7 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, per far fronte al preoccupante fenomeno dell'incremento della violenza contro le donne e dei cosiddetti femminicidi; in molti casi, infatti - e tanto la letteratura scientifica sull'argomento, quanto la cronaca nera lo confermano - le continue, reiterate ed assillanti molestie hanno un carattere patologico e sfociano in atti vandalici, maltrattamenti fisici, fino a culminare in gravi fatto di sangue.
La norma punisce con la reclusione che va da 6 mesi a 4 anni chiunque minaccia o molesta un'altra persona in modo reiterato ed insistente, ingenerando nella stessa un grave e costante stato di ansia, di paura e di disagio psichico, accompagnati dal fondato timore di poter ricevere una seria offesa alla propria incolumita' personale o a quella di un proprio congiunto o di altra persona cara.
Perché possa dirsi integrato il reato e non si possa, invece, parlare di semplici molestie, ingiurie, diffamazioni o minacce, i comportamenti messi in atto dal persecutore devono essere tali da costringere la vittima a modificare, per paura, le proprie abitudini di vita.
La legge, poi, prevede un'aggravante nel caso in cui il reato sia commesso dal coniuge separato o divorziato o da un soggetto che sia stato legato sentimentalmente alla persona offesa: il persecutore, infatti, può essere un perfetto sconosciuto, ma si è osservato che, viceversa, nella maggior parte dei casi è un soggetto che ha avuto contatti con la vittima, sovente un familiare o un ex coniuge o fidanzato che, in modo distorto, tentano un approccio con la persona offesa. Parimenti, il reato e' aggravato se commesso ai danni di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile o, ancora, avvalendosi dell'uso di armi o da persona che si presenti travisata.
Il reato di Atti Persecutori non è procedibile d'ufficio, ma il termine per la proposizione della querela è - come per i delitti a sfondo sessuale - aumentato da tre a sei mesi. Si procede, invece, d'ufficio nel caso in cui la vittima sia un minore o un soggetto disabile, o in quei casi in cui il delitto di stalking sia connesso con altro reato procedibile d'ufficio.
Di pari passo con l'introduzione della nuova figura di reato, è stata introdotta, all'art. 282 ter c.p.p., anche una ulteriore misura cautelare: il divieto di avvicinamento a tutti i luoghi frequentati dalla vittima del reato (ad esempio l'abitazione, il luogo di lavoro, la scuola ecc...).
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