La sentenza in oggetto stabilisce un importante principio di diritto in tema di movimenti di beni d'azienda soggetta a procedura fallimentare, spiegando chiaramente come tutti i pagamenti effettuati durante il periodo sospetto - ivi compreso il soddisfacimento di creditori privilegiati - siano assoggettabili ad azione revocatoria fallimentare. In questa occasione la Cassazione si è dovuta esprimere circa il conflitto tra due interessi di particolare importanza: l'esistenza di un diritto di credito privilegiato, rappresentato dal credito professionale di un avvocato nei confronti di una società - in bonis all'epoca del versamento e solo successivamente sottoposta a procedura concorsuale - riscosso proprio l'anno prima che intervenisse il fallimento; e l'interesse al soddisfacimento dei singoli creditori privilegiati della medesima società, i quali hanno contestato il distacco dalla massa dei beni aziendali dei valori destinati al professionista. La Corte ha risolto la questione facendo riferimento al solido principio della par condicio creditorum, status alla base dell'intera procedura concorsuale e che deve essere in ogni caso mantenuto. Per ledere detto principio è infatti sufficiente che intervenga il semplice materiale distacco di beni dal patrimonio societario: opererebbe in tal senso una presunzione legale assoluta, a nulla valendo la caratteristica di privilegio del credito riscosso.
Secondo la Corte, quindi, il pagamento effettuato nei confronti dell'avvocato durante il periodo sospetto resta pur sempre assoggettabile all'azione revocatoria fallimentare, potere di cui è investito il curatore ex articolo 67 della legge fallimentare.Il testo della sentenza 23710/2012