di barbara LG Sordi- La Cassazione continua a dettare le sue regole di Bon Ton compaiano anche suggerimenti su quali epiteti usare e quali no. E questa volta sdogana il termine 'picchiatore fascista' se usato in riferimento a chi ha avuto realmente una militanza nell'estrema destra, prendendo parte a cortei in cui non solo manifestava "il proprio pensiero e le proprie idee, ma anche per "manifestare la propria forza fisica".
La Quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza 745, ha così annullato, "perché' il fatto non costituisce reato", una doppia condanna per diffamazione e una multa di 400 euro nei confronti di P. G., reo di aver offeso la reputazione del giornalista S.M., definendolo appunto 'ex picchiatore fascista'.
La Suprema Corte pur riconoscendo pienamente l'accezione negativa dell'espressione, sostiene che "appare del tutto ingiustificata la richiesta di intervento punitivo dello Stato in danno di chi, indipendentemente dall'esito dello scontro, lo ha collocato, nel passato, all'interno di uno schieramento che questo tipo di dialettica della violenza, avente precise radici storiche, non ha mai rinnegato".
L'espressione 'picchiatore fascista', come ricostruisce la sentenza, era stata ripresa piè pari dal P.G. da una recensione al libro 'Regime' di Marco Travaglio e da un' intervista che il giornalista S.M. aveva rilasciato al 'Venerdi' di Repubblica. Intervista in cui il giornalista dichiarava di essere stato simpatizzante, e attivista, dell'organizzazione giovanile del Msi 'Fronte della Gioventù', rammentando di essere sceso in piazza negli anni Settanta e di 'avere fatto a botte' con persone di diverso credo politico.
Dal momento che S.M. precisava però che "se proprio doveva fare a botte, le prendeva" e che "non aveva il fisico del picchiatore, ne' aveva mai picchiato nessuno, ne' si era sentito 'fascista'", l'espressione usata da P.G. era stata censurata sia dal Tribunale di Roma (febbraio 2008) sia dalla Corte d'appello (luglio 2011), sulla base del fatto che era stato superato "il requisito della continenza".
Il giudizio però è stato appunto ribaltato dalla Cassazione, accogliendo il ricorso di P.G. in cui affermava che l'espressione era stata inserita "in un preciso periodo del passato nel quale il prefisso 'ex' ha avuto l'intenzione di collocarlo" perdendo così di "disvalore sociale". I giudici hanno accolto la tesi della difesa e ha annullato la sentenza "perche' il fatto non costituisce reato" la condanna per diffamazione.
La sentenza ha messo in luce che "i dati storici conducono necessariamente alla rimozione dell'antigiuridicita' della sintetica definizione compiuta" da P.G.. Lo stesso S.M. "ha riconosciuto di essere andato in piazza da intendere come terreno di confronto tra contrapposte esternazioni, oltre che di idee, di forza fisica, in un comune contesto di primordiale e inattuale modo di intendere la politica".
Inoltre aggiungono che "la non smentita circostanza, narrata da S.M., secondo cui egli ha avuto il ruolo di soccombente, non incide sulla efficacia della ammissione di avere svolto una specifica militanza poltica e sulla perfetta aderenza alla verita' dell'attribuita qualifica di 'picchiatore', nel cui significato non e'pacificamente compreso il ruolo di vincitore negli episodi di violenza reciproca".
E per concludere la Cassazione ricorda che "la continenza formale non equivale a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, ma consente il ricorso a parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati".
Chissà che dopo questa sentenza non se ne vedano, oops sentano, delle belle in campagna elettorale!
barbaralgsordi@gmail.it
La Quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza 745, ha così annullato, "perché' il fatto non costituisce reato", una doppia condanna per diffamazione e una multa di 400 euro nei confronti di P. G., reo di aver offeso la reputazione del giornalista S.M., definendolo appunto 'ex picchiatore fascista'.
La Suprema Corte pur riconoscendo pienamente l'accezione negativa dell'espressione, sostiene che "appare del tutto ingiustificata la richiesta di intervento punitivo dello Stato in danno di chi, indipendentemente dall'esito dello scontro, lo ha collocato, nel passato, all'interno di uno schieramento che questo tipo di dialettica della violenza, avente precise radici storiche, non ha mai rinnegato".
L'espressione 'picchiatore fascista', come ricostruisce la sentenza, era stata ripresa piè pari dal P.G. da una recensione al libro 'Regime' di Marco Travaglio e da un' intervista che il giornalista S.M. aveva rilasciato al 'Venerdi' di Repubblica. Intervista in cui il giornalista dichiarava di essere stato simpatizzante, e attivista, dell'organizzazione giovanile del Msi 'Fronte della Gioventù', rammentando di essere sceso in piazza negli anni Settanta e di 'avere fatto a botte' con persone di diverso credo politico.
Dal momento che S.M. precisava però che "se proprio doveva fare a botte, le prendeva" e che "non aveva il fisico del picchiatore, ne' aveva mai picchiato nessuno, ne' si era sentito 'fascista'", l'espressione usata da P.G. era stata censurata sia dal Tribunale di Roma (febbraio 2008) sia dalla Corte d'appello (luglio 2011), sulla base del fatto che era stato superato "il requisito della continenza".
Il giudizio però è stato appunto ribaltato dalla Cassazione, accogliendo il ricorso di P.G. in cui affermava che l'espressione era stata inserita "in un preciso periodo del passato nel quale il prefisso 'ex' ha avuto l'intenzione di collocarlo" perdendo così di "disvalore sociale". I giudici hanno accolto la tesi della difesa e ha annullato la sentenza "perche' il fatto non costituisce reato" la condanna per diffamazione.
La sentenza ha messo in luce che "i dati storici conducono necessariamente alla rimozione dell'antigiuridicita' della sintetica definizione compiuta" da P.G.. Lo stesso S.M. "ha riconosciuto di essere andato in piazza da intendere come terreno di confronto tra contrapposte esternazioni, oltre che di idee, di forza fisica, in un comune contesto di primordiale e inattuale modo di intendere la politica".
Inoltre aggiungono che "la non smentita circostanza, narrata da S.M., secondo cui egli ha avuto il ruolo di soccombente, non incide sulla efficacia della ammissione di avere svolto una specifica militanza poltica e sulla perfetta aderenza alla verita' dell'attribuita qualifica di 'picchiatore', nel cui significato non e'pacificamente compreso il ruolo di vincitore negli episodi di violenza reciproca".
E per concludere la Cassazione ricorda che "la continenza formale non equivale a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, ma consente il ricorso a parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati".
Chissà che dopo questa sentenza non se ne vedano, oops sentano, delle belle in campagna elettorale!
barbaralgsordi@gmail.it
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