La clausola penale, prevista nel nostro ordinamento all'articolo 1382 del codice civile, consiste nel patto stipulato tra le parti al fine di quantificare forfettariamente, già in previsione di un ipotetico inadempimento, di ritardo o comunque di imprecisa esecuzione nell'adempimento da parte del debitore, la somma imputabile a titolo di risarcimento del danno.
La sua funzione è dunque quella di preventiva liquidazione della lesione potenziale ed i criteri adottati per stabilirne l'entità devono rimanere ancorati al contratto a cui si riferiscono. Nel caso in cui le parti abbiano concordato un importo che si riveli manifestamente eccessivo, occorrendo determinate circostanze (ad esempio un parziale adempimento della prestazione) il giudice può procedere a riduzione ex articolo 1384 codice civile. Tale potere risulta incensurabile in sede di legittimità, essendo lo stesso espressione, per legge, del potere discrezionale dell'organo giudicante: in questo senso la sentenza in oggetto conferma l'orientamento costante della Corte Costituzionale, la quale ha ribadito come il magistrato debba valutare nel caso concreto se la quantificazione della clausola penale consenta di mantenere l'equilibrio contrattuale, rispettando l'interesse del creditore all'adempimento senza che lo stesso prevarichi la tutela che l'ordinamento comunque garantisce al debitore.
Nel caso di specie - ritardata consegna dell'immobile da parte del costruttore - la Corte ha ritenuto opportuno procedere a ridurre l'entità della somma fissata dalle parti nella clausola penale poichè in pendenza di processo civile è appunto intervenuto adempimento da parte del debitore, considerato il fatto che l'immobile in oggetto non era destinato a soddisfare le primarie esigenze abitative dell'acquirente.
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