La sentenza in oggetto sottolinea e ribadisce come non tutte le eccezioni processuali e di merito siano indiscriminatamente sollevabili in sede di appello.
In tema di condominio (nella specie il contenzioso riguarda una questione di comproprietà del cortile condominiale) la parte soccombente, in sede d'appello, ha sollevato un'eccezione riguardante l'ambito oggettivo del giudicato, contestandone appunto l'operatività nei propri confronti.
La Suprema Corte, qualificando tale contestazione come una vera e propria eccezione processuale in senso stretto, ne ha sancito l'inammissibilità ex articolo 345 codice di procedura civile. Ai sensi del predetto articolo infatti è fatto divieto, nell'atto di appello, di porre domande e di sollevare eccezioni nuove.
Le uniche eccezioni ammesse sono quelle espressamente previste dalla legge, ed in particolare si tratta delle eccezioni rilevabili d'ufficio dall'organo giudicante, nonché dalla domanda degli interessi nel frattempo maturati e dell'eventuale richiesta di risarcimento del danno nel caso in cui il giudizio d'appello riformi la sentenza di primo grado. Anche la recente riforma del processo d'appello (legge 7 Agosto 2012 n.134) ha mantenuto e confermato tale stringente regola.
Nel caso di specie, essendo tale eccezione stata proposta soltanto in sede d'appello e, pur trattandosi di una questione particolare, non già in pendenza di giudizio di merito, la stessa è considerata "nuova" e di conseguenza è stata respinta in base al consolidato principio che vieta la proposizione di ius novorum in sede d'appello.
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