Sentenza Cassazione Civile, sezione sesta, n. 130 del 4 Gennaio 2013
I casi di responsabilità civile del professionista sono qualificati come tali attraverso l'analisi del fatto storico effettuata utilizzando criteri più stringenti rispetto a quelli normalmente usati per la valutazione della responsabilità civile del c.d. "uomo medio": la legge presume che il professionista detenga una conoscenza della materia adeguata, e nel caso in cui egli agisca con negligenza, imprudenza ed imperizia generando conseguentemente un danno economico in capo al cliente è tenuto di conseguenza al risarcimento del danno.


Tale disciplina è integrata dall'articolo 2236 del codice civile che introduce un'attenuante per il professionista, il quale è chiamato a rispondere dei danni cagionati al proprio cliente soltanto in caso di dolo o colpa grave nell'unica eventualità che "la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà". 

Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto sussistere responsabilità civile in capo ad un architetto, direttore e responsabile dei lavori portati avanti in un condominio, poiché le sue scelte professionali adottate in esecuzione delle opere non sono risultate conformi rispetto alla normativa antisismica vigente

Una volta accertata la sussistenza di responsabilità la Corte ha poi ritenuto congruo applicare, ai fini della quantificazione del risarcimento del danno a favore del condomino richiedente, un criterio basato sui costi previsti per l'esecuzione degli interventi di fatto non eseguiti, tenendo conto altresì dei pagamenti effettuati a favore dell'impresa appaltatrice.

Vai al testo della sentenza 130/2013

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: