Il coltivatore diretto che vuole far valere il diritto di prelazione in caso di vendita del fondo confinante, deve dimostrare di avere un reddito (dall'attività agricola) di tutto rispetto, perché se risulta che l'attività svolta sul fondo è "destinata essenzialmente all'alimentazione del proprio nucleo familiare e non al mercato, con un impegno lavorativo modesto e sporadico" non può vantare la qualifica di coltivatore diretto anche se iscritto negli elenchi dei coltivatori del Servizio contributi agricoli unificati (SCAU).
E' quanto afferma il Tribunale di Ascoli Piceno (sentenza 114/2012) che, prendendo in esame le dichiarazioni di redditi dell'agricoltore, ne ha desunto, la sporadicità dell'impegno lavorativo sul fondo.
Nel caso di specie il colono "povero" aveva svolto anche, per un periodo di 6 mesi, un part time presso un ente pubblico. Il tribunale a tal proposito però si discosta anche da un'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui va riconosciuta la possibilità di esercitare il diritto di prelazione anche chi svolge un'altra attività lavorativa principale, non essendo richiesto che l'attività di coltivazione sia esercitata professionalmente.
Secondo Cassazione in particolare (sentenza n.2019/2011) "La qualifica di coltivatore diretto, in relazione al requisito della "coltivazione abituale" previsto dall'art. 31 l. 26 maggio 1965 n. 590, in linea generale e, quindi, anche ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione e di quello succedaneo di riscatto, può essere attribuita anche a chi svolge altra attività lavorativa principale, poiché non è richiesto che l'attività di coltivazione sia esercitata professionalmente ovvero in modo tale che costituisca la principale fonte di reddito del soggetto, risultando sufficiente che sia abituale, intendendosi questo requisito quale normale ed usuale svolgimento di lavori agricoli, in maniera tale che l'attività agricola venga realizzata in modo stabile e continuativo prevalentemente con lavoro proprio o dei componenti della propria famiglia, traendo da tale attività un reddito, anche se secondario".
In base alla sentenza del Tribunale di Ascoli in ogni caso, perché si possa riconoscere il diritto di prelazione non è sufficiente un'attività di coltivazione del fondo volta essenzialmente a far fronte ai bisogni del proprio nucleo familiare invece che al mercato.
E' quanto afferma il Tribunale di Ascoli Piceno (sentenza 114/2012) che, prendendo in esame le dichiarazioni di redditi dell'agricoltore, ne ha desunto, la sporadicità dell'impegno lavorativo sul fondo.
Nel caso di specie il colono "povero" aveva svolto anche, per un periodo di 6 mesi, un part time presso un ente pubblico. Il tribunale a tal proposito però si discosta anche da un'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui va riconosciuta la possibilità di esercitare il diritto di prelazione anche chi svolge un'altra attività lavorativa principale, non essendo richiesto che l'attività di coltivazione sia esercitata professionalmente.
Secondo Cassazione in particolare (sentenza n.2019/2011) "La qualifica di coltivatore diretto, in relazione al requisito della "coltivazione abituale" previsto dall'art. 31 l. 26 maggio 1965 n. 590, in linea generale e, quindi, anche ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione e di quello succedaneo di riscatto, può essere attribuita anche a chi svolge altra attività lavorativa principale, poiché non è richiesto che l'attività di coltivazione sia esercitata professionalmente ovvero in modo tale che costituisca la principale fonte di reddito del soggetto, risultando sufficiente che sia abituale, intendendosi questo requisito quale normale ed usuale svolgimento di lavori agricoli, in maniera tale che l'attività agricola venga realizzata in modo stabile e continuativo prevalentemente con lavoro proprio o dei componenti della propria famiglia, traendo da tale attività un reddito, anche se secondario".
In base alla sentenza del Tribunale di Ascoli in ogni caso, perché si possa riconoscere il diritto di prelazione non è sufficiente un'attività di coltivazione del fondo volta essenzialmente a far fronte ai bisogni del proprio nucleo familiare invece che al mercato.
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