Sulla base di questo principio di diritto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2942 del 7 febbraio 2013, ha affermato che la richiesta di indennizzo
del danno biologico e morale, quali voci non ricomprese nell'assicurazione obbligatoria ma eventualmente risarcibile per il lavoratore infortunato, porta dette voci complementari fuori dal sistema risarcitorio ex art. 10 e 11 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. e, quindi, fuori dell'ambito di operatività della polizza che fa riferimento ad una responsabilità civile su questi ultimi espressamente modellata, in luogo di quella codicistica ex art. 2043 c.c.Precisano poi i giudici di legittimità che il richiamo, nella clausola contrattuale (secondo cui nel caso di specie "la Società si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare (capitale, interessi e spese) quale civilmente responsabile ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 per gli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro da lui dipendenti"), degli artt. 10 ed 11 citati, non può essere considerato alla stregua di un "rinvio formale", che tenga conto delle diverse interpretazioni di tali norme succedutesi nel tempo, atteso che nel caso di polizza assicurativa, la copertura garantita non può essere variata nel corso del rapporto, a seconda delle mutevoli interpretazioni giurisprudenziali o dottrinali.
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