Se un coniuge ha venduto da solo un bene immobile oggetto della comunione, l'altro coniuge che non ha partecipato alla formazione contratto deve essere considerato litisconsorte necessario solo nel caso in cui nel giudizio si chiede al giudice una decisione che incide direttamente sul suo diritto.
Negli altri casi non si può ritenere sussistente il iris consorzio necessario se la domanda incide direttamente sulla validità ed efficacia del contratto.
È quanto afferma la terza sezione civile della corte di cassazione (sentenza numero 2082/2013).
Il caso preso in esame dei giudici di piazza riguarda un contenzioso in cui era stata richiesta una condanna risarcimento dei danni nonché la revoca, ai sensi dell'articolo 2901 del codice civile, di un atto di compravendita di alcuni immobili tra cui una casa di civile abitazione.
La domanda era stata accolta in primo grado, sia per quanto riguarda il risarcimento del danno sia per quanto riguarda la dichiarazione di inefficacia relativa della vendita. Successivamente la corte d'appello aveva però dichiarato nulla la sentenza per mancata integrazione contraddittorio nei confronti del coniuge della parte che aveva stipulato la compravendita.
Va ricordato che secondo la Cassazione, i beni in regime di comunione legale possono essere venduti da uno solo dei coniugi anche senza il consenso dell'altro coniuge il quale però può opporsi chiedendo la reintegrazione della comunione ed agire per l'annullamento dell'atto.
Vai al testo della sentenza 2082/2013
Negli altri casi non si può ritenere sussistente il iris consorzio necessario se la domanda incide direttamente sulla validità ed efficacia del contratto.
È quanto afferma la terza sezione civile della corte di cassazione (sentenza numero 2082/2013).
Il caso preso in esame dei giudici di piazza riguarda un contenzioso in cui era stata richiesta una condanna risarcimento dei danni nonché la revoca, ai sensi dell'articolo 2901 del codice civile, di un atto di compravendita di alcuni immobili tra cui una casa di civile abitazione.
La domanda era stata accolta in primo grado, sia per quanto riguarda il risarcimento del danno sia per quanto riguarda la dichiarazione di inefficacia relativa della vendita. Successivamente la corte d'appello aveva però dichiarato nulla la sentenza per mancata integrazione contraddittorio nei confronti del coniuge della parte che aveva stipulato la compravendita.
Va ricordato che secondo la Cassazione, i beni in regime di comunione legale possono essere venduti da uno solo dei coniugi anche senza il consenso dell'altro coniuge il quale però può opporsi chiedendo la reintegrazione della comunione ed agire per l'annullamento dell'atto.
Vai al testo della sentenza 2082/2013
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: