Nel caso di specie il fatto contestato ha assunto piena rilevanza penale; di conseguenza, ai principi penali i giudici della Suprema Corte si sono appellati, facendo riferimento allo specifico criterio del favor rei (il quale impone all'organo giudicante di adottare l'interpretazione del caso maggiormente favorevole all'imputato). La sentenza in oggetto ha evidenziato come il reato di cui sopra può essere efficacemente contestato solo nel caso in cui le autorità competenti siano provviste di strumentazione tecnica idonea alla rilevazione, seppur con un margine statistico di errore, dello stato di alterazione del soggetto.
Gli agenti coinvolti si sarebbero invece limitati a rilevare l'infrazione sulla base della propria percezione soggettiva: gli stessi avrebbero "desunto" che il presunto responsabile non fosse sobrio limitandosi semplicemente all'osservazione visiva, traendo le relative conclusione in autonomia e basandosi soltanto sulla propria esperienza. Tale comportamento non è assolutamente ammissibile, né tali deduzioni - basate su criteri esclusivamente soggettivi e non supportati da oggettività scientifica - possono essere elevate al rango di prova giustificante la condanna di un individuo, non importa quale sia la tipologia di sanzione prevista.