Una recente sentenza della Cassazione (n.809/2013) ha ribadito che l'indennità di maternità (o paternità) spetta ad uno solo dei genitori, che siano biologici o adottivi, anche se uno dei due è libero professionista.
A tentare di ribaltare questo principio è stato proprio un avvocato, A.A.F., padre adottivo di due gemellini dal 2002 che aveva chiesto in Tribunale di vedere riconosciuta anche la sua indennità di libero professionista (in aggiunta a quello della moglie dipendente Alitalia), come dovuta dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assicurazione Forense ai sensi degli art. 70 e 72 del dlgs n.151/2001. Articoli che però prevedono l'indennità solo per le professioniste donne.
Il Tribunale prima e la Corte d'Appello poi avevano rigettato la richiesta del professionista, che aveva puntato peraltro sull'incostituzionalità di questi articoli, discriminanti appunto il sesso maschile. Già in precedenza una sentenza della Corte Costituzionale, la 385/2005, aveva sancito l'illegittimità delle norme laddove non è previsto che anche al padre spetti di percepire l'indennità. Sta di fatto però che l'avvocato non aveva dimostrato che l'indennità richiesta fosse in alternativa a quella accordata alla madre e la Corte d'appello aveva così rigettato il ricorso.
A questo punto l'avvocato si è rivolto alla Suprema Corte sostenendo che la Corte d'Appello non avesse compreso il problema sollevato con il suo appello. E cioè "perché le donne libere professioniste possono fare cumulo e non gli uomini?". E dato che la sentenza 385/2005 della Corte Costituzionale aveva proprio eliminato tale disparità, presumeva un accoglimento della propria richiesta automatico. Risollevando dunque la questione dell'illegittimità degli art. 70 e 72 del dlgs n.151/2001.
Ma la sentenza citata non aveva, come hanno rammentato i giudici della Suprema Corte nella sentenza , abolito il "principio di alternatività e fungibilità tra i genitori adottivi, nel senso che la percezione dell'indennità da parte dell'uno esclude il diritto dell'altro, ancorché uno dei genitori sia libero professionista e l'altro lavoratore dipendente". Quindi respinta la richiesta perché "non trova giustificazione il riconoscimento richiesto dal ricorrente dell'indennizzo di maternità essendo pacifico che di detta indennità ne ha goduto la madre, dipendente dell'Alitalia".
Respinta anche la questione di illegittimità costituzionale perché "il ricorrente non indica la norma che attribuisce il diritto della donna professionista alla cumulabilità di trattamento di maternità con quelli goduti dal padre lavoratore dipendente". Per maggiori dettagli si rimanda al testo integrale della sentenza qui sotto.
Vai al testo della sentenza 809/2013
barbaralgsordi@gmail.it
A tentare di ribaltare questo principio è stato proprio un avvocato, A.A.F., padre adottivo di due gemellini dal 2002 che aveva chiesto in Tribunale di vedere riconosciuta anche la sua indennità di libero professionista (in aggiunta a quello della moglie dipendente Alitalia), come dovuta dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assicurazione Forense ai sensi degli art. 70 e 72 del dlgs n.151/2001. Articoli che però prevedono l'indennità solo per le professioniste donne.
Il Tribunale prima e la Corte d'Appello poi avevano rigettato la richiesta del professionista, che aveva puntato peraltro sull'incostituzionalità di questi articoli, discriminanti appunto il sesso maschile. Già in precedenza una sentenza della Corte Costituzionale, la 385/2005, aveva sancito l'illegittimità delle norme laddove non è previsto che anche al padre spetti di percepire l'indennità. Sta di fatto però che l'avvocato non aveva dimostrato che l'indennità richiesta fosse in alternativa a quella accordata alla madre e la Corte d'appello aveva così rigettato il ricorso.
A questo punto l'avvocato si è rivolto alla Suprema Corte sostenendo che la Corte d'Appello non avesse compreso il problema sollevato con il suo appello. E cioè "perché le donne libere professioniste possono fare cumulo e non gli uomini?". E dato che la sentenza 385/2005 della Corte Costituzionale aveva proprio eliminato tale disparità, presumeva un accoglimento della propria richiesta automatico. Risollevando dunque la questione dell'illegittimità degli art. 70 e 72 del dlgs n.151/2001.
Ma la sentenza citata non aveva, come hanno rammentato i giudici della Suprema Corte nella sentenza , abolito il "principio di alternatività e fungibilità tra i genitori adottivi, nel senso che la percezione dell'indennità da parte dell'uno esclude il diritto dell'altro, ancorché uno dei genitori sia libero professionista e l'altro lavoratore dipendente". Quindi respinta la richiesta perché "non trova giustificazione il riconoscimento richiesto dal ricorrente dell'indennizzo di maternità essendo pacifico che di detta indennità ne ha goduto la madre, dipendente dell'Alitalia".
Respinta anche la questione di illegittimità costituzionale perché "il ricorrente non indica la norma che attribuisce il diritto della donna professionista alla cumulabilità di trattamento di maternità con quelli goduti dal padre lavoratore dipendente". Per maggiori dettagli si rimanda al testo integrale della sentenza qui sotto.
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