Le disposizioni prevenzionali sono quindi da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa."
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 6363 dell'8 febbraio 2013, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un datore di lavoro, amministratore e legale rappresentante di una società che, omettendo di dotare il deposito di materiali edili e di macchinari di passaggi e di vie di circolazione sufficientemente libere da ingombri ed ostacoli si da garantire che i movimenti dei pedoni e dei dipendenti e le manovre dei veicoli potessero avvenire in modo agevole e sicuro, in cooperazione con un guidatore di autocarro all'interno del deposito, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, aveva cagionato lesioni personali gravi ad un lavoratore, che veniva investito ed urtato dal predetto autocarro, in fase di manovra in retromarcia.
Il profilo di colpa contestato al ricorrente, per i giudici di merito, è rimasto provato sulla base della testimonianza del tecnico, intervenuto sul luogo dell'infortunio, che, dopo aver ricostruito la dinamica dell'incidente, contestava la violazione dell'art. 11 del d.P.R. 547/55, in quanto le vie di circolazione destinate ai veicoli non erano adeguatamente segnalate e separate dai percorsi pedonali, né erano predisposti cartelli di segnalazione adeguati. Nella sentenza
dei giudici di merito si afferma che "è pur vero che l'investimento è opera di altro soggetto ma va sottolineato come l'incidente non si sarebbe verificato se fossero state create vie idonee di circolazione utili a separare il percorso riservato ai pedoni da quello riservato ai veicoli". L'imputato nella sua qualità - affermano i giudici di legittimità - "è venuto meno ai propri doveri di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro.E sul punto va rimarcato che per luogo di lavoro, condizionante l'obbligo dell'attuazione delle misure antinfortunistiche, va inteso non solo il cantiere bensì anche ogni luogo necessario in cui i lavoratori siano costretti a recarsi per incombenze varie inerenti all'attività che si svolge nel cantiere" Merita di essere ricordato - si legge nella sentenza
- che l'obbligo posto a carico dei titolari delle posizione di garanzia individuate, da ultimo, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e) di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro è di tale spessore che non potrebbe neppure escludersi una responsabilità colposa dei medesimi allorquando non abbiano assicurato tali condizioni, pur formalmente rispettando le norme tecniche, eventualmente dettate in materia dal competente organo amministrativo, in quanto, al di là dell'obbligo di rispettare le suddette prescrizioni specificamente volte a prevenire situazioni di pericolo o di danno, sussiste pur sempre quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l'accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terzi.In sostanza, gravava sull'imputato l'obbligo di verificare la sussistenza di eventuali condizioni di insicurezza per i lavoratori ivi operanti derivante dalla circolazione dei mezzi meccanici sullo spiazzale del deposito di materiali edili. Si aggiunga che quel luogo era certamente praticato anche da non addetti ai lavori che ben difficilmente, non essendo a conoscenza dello svolgimento delle attività di carico e scarico di materiali edili nel deposito a mezzo di veicoli meccanici, avrebbero potuto rendersi conto in assenza di segnali qual era il percorso da seguire.
Vai al testo della sentenza 6363/2013