In materia di responsabilità da incidente stradale la Corte di Cassazione ha affermato che anche il comportamento colposo di un bambino può essere valutato per ridurre la responsabilità dell'automobilista che l'ha investito.
La decisione è della terza sezione civile della Corte secondo cui anche chi è incapace di intendere e di volere può concorrere nella determinazione dell'evento dannoso. In sostanza troverebbe applicazione in questi casi l'articolo 1227 del codice civile che nel comma 1 dispone: "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate."
Come si legge nella parte motiva della sentenza la norma è richiamata dall'articolo 2056 codice civile secondo cui "Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227". Il giudice - spiegano i giudici di piazza Cavour - deve compiere questa valutazione anche d'ufficio in ogni Stato e grado del giudizio per stabilire il concorso di colpe e ridurre proporzionalmente il danno da risarcire.
Ma il punto chiave sta proprio in una corretta interpretazione dell'articolo 1227 del codice civile dove si fa riferimento al "fatto colposo" termini che sembrerebbero incompatibili o quantomeno inapplicabili al caso di minori o di persone incapaci di intendere e di volere. Secondo la Corte però l'espressione "fatto colposo" deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta e non quale sinonimo di "comportamento colposo". Ciò era stato già in precedenza chiarito dalla stessa Corte con la sentenza numero n. 14548/2009 e, prima ancora, con la n. 4332/1994). Per maggiori informazioni alleghiamo qui sotto il testo della sentenza.
Vai al testo della sentenza 3542/2013
La decisione è della terza sezione civile della Corte secondo cui anche chi è incapace di intendere e di volere può concorrere nella determinazione dell'evento dannoso. In sostanza troverebbe applicazione in questi casi l'articolo 1227 del codice civile che nel comma 1 dispone: "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate."
Come si legge nella parte motiva della sentenza la norma è richiamata dall'articolo 2056 codice civile secondo cui "Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227". Il giudice - spiegano i giudici di piazza Cavour - deve compiere questa valutazione anche d'ufficio in ogni Stato e grado del giudizio per stabilire il concorso di colpe e ridurre proporzionalmente il danno da risarcire.
Ma il punto chiave sta proprio in una corretta interpretazione dell'articolo 1227 del codice civile dove si fa riferimento al "fatto colposo" termini che sembrerebbero incompatibili o quantomeno inapplicabili al caso di minori o di persone incapaci di intendere e di volere. Secondo la Corte però l'espressione "fatto colposo" deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta e non quale sinonimo di "comportamento colposo". Ciò era stato già in precedenza chiarito dalla stessa Corte con la sentenza numero n. 14548/2009 e, prima ancora, con la n. 4332/1994). Per maggiori informazioni alleghiamo qui sotto il testo della sentenza.
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