Il nostro codice civile prevede tre tipologie di surrogazione reale (ossia l'ingresso di una persona nei diritti del creditore verso un debitore): per volontà del creditore (art. 1201) per volontà del debitore (art. 1202) e per effetto della legge (art. 1203). Surrogare significa letteralmente "sostituire" e questa norma permette al terzo, che interviene nel rapporto tra creditore e debitore per estinguere l'obbligazione contratta da quest'ultimo pagandone il prezzo, di subentrare a tutti gli effetti al posto del creditore stesso. In questo modo il terzo acquista una posizione di supremazia rispetto al debitore, potendo esercitare nei confronti di questo azione di regresso (poter cioè pretendere lui stesso la prestazione prima spettante al creditore).
La Suprema Corte, nel tempo e anche nella sentenza in oggetto, ha posto dei limiti all'applicazione dell'istituto della surrogazione reale: sottolinea come, perchè essa si verifichi, non basti soltanto aver pagato il debito altrui; ma che tale pagamento deve essere giustificato da precedenti rapporti intercorrenti tra debitore e terzo intervenuto a saldare il debito.
Se così non fosse, al di là dei limiti posti espressamente dalla legge all'art. 1203 c.c., chiunque potrebbe subentrare nei rapporti creditizi semplicemente pagando il prezzo della prestazione per ottenerne un vantaggio personale. Il rapporto che lega debitore a terzo intervenuto deve preesistere rispetto al debito e deve essere idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione di regresso nei confronti del debitore (ad esempio, il terzo è un creditore chirografario che intenda "assorbire" anche il credito dell'altra parte).
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