La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6346 del 13 marzo 2013, ha rigettato il ricorso proposto da una lavoratrice che chiedeva l'annullamento del licenziamento intimatole dopo che la società datrice di lavoro, aveva affidato ad una società esterna specializzata, il servizio d'infermeria a cui la lavoratrice era adibita.
Secondo la lavoratrice l'esternalizzazione del servizio infermieristico, con soppressione del posto di lavoro, non integrava, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, giustificato motivo oggettivo di licenziamento.
La Corte territoriale osservava che, sulla base del materiale probatorio acquisito, era risultato che la Società datrice di lavoro, affidando lecitamente ad un terzo il servizio di infermeria, aveva soppresso il posto di lavoro della lavoratrice; il che integrava le ragioni inerenti l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro di cui all' art. 3 L. n. 604 del 1966, vale a dire, quel giustificato motivo di recesso; né la lavoratrice aveva assolto, l'onere d' indicare in quale concreta - e non astratta - posizione avrebbe potuto essere reimpiegata.
La Suprema Corte ha precisato che correttamente la Corte d'Appello aveva accertato che la Società si occupava di ricerca, produzione e commercializzazione di farmaci" e che l'attività svolta dalla lavoratrice, come dipendente della Società, consisteva in attività infermieristica (assistenza al medico, pronto soccorso, distribuzione di terapie, ecc.) ed attività amministrativa ad essa collegata (organizzazione dell'archivio e della modulistica, redazione e compilazione dei documenti medici, segreteria per il medico, gestione degli appuntamenti e scadenzario); che presso la società, infatti, sussisteva un infermeria in cui si svolgevano le visite preassuntive e quelle di controllo dei dipendenti, ma che le suddette attività erano "estranee al proprium dell'impresa"; che il servizio di infermeria era stato affidato ad una società specializzata, la quale gestiva detto servizio infermieristico "in autonomia con proprio personale diverso nel tempo"; che la Società aveva "assunto, nei dodici mesi successivi al licenziamento ed in tutto il territorio nazionale solo un addetto al controllo qualità e un manutentore elettrico"; che dette professionalità erano "estranee a quelle della lavoratrice".
Secondo la lavoratrice l'esternalizzazione del servizio infermieristico, con soppressione del posto di lavoro, non integrava, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, giustificato motivo oggettivo di licenziamento.
La Corte territoriale osservava che, sulla base del materiale probatorio acquisito, era risultato che la Società datrice di lavoro, affidando lecitamente ad un terzo il servizio di infermeria, aveva soppresso il posto di lavoro della lavoratrice; il che integrava le ragioni inerenti l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro di cui all' art. 3 L. n. 604 del 1966, vale a dire, quel giustificato motivo di recesso; né la lavoratrice aveva assolto, l'onere d' indicare in quale concreta - e non astratta - posizione avrebbe potuto essere reimpiegata.
La Suprema Corte ha precisato che correttamente la Corte d'Appello aveva accertato che la Società si occupava di ricerca, produzione e commercializzazione di farmaci" e che l'attività svolta dalla lavoratrice, come dipendente della Società, consisteva in attività infermieristica (assistenza al medico, pronto soccorso, distribuzione di terapie, ecc.) ed attività amministrativa ad essa collegata (organizzazione dell'archivio e della modulistica, redazione e compilazione dei documenti medici, segreteria per il medico, gestione degli appuntamenti e scadenzario); che presso la società, infatti, sussisteva un infermeria in cui si svolgevano le visite preassuntive e quelle di controllo dei dipendenti, ma che le suddette attività erano "estranee al proprium dell'impresa"; che il servizio di infermeria era stato affidato ad una società specializzata, la quale gestiva detto servizio infermieristico "in autonomia con proprio personale diverso nel tempo"; che la Società aveva "assunto, nei dodici mesi successivi al licenziamento ed in tutto il territorio nazionale solo un addetto al controllo qualità e un manutentore elettrico"; che dette professionalità erano "estranee a quelle della lavoratrice".
I Giudici d'Appello hanno, dunque, accertato la soppressione del posto di lavoro; l'appalto del servizio infermieristico a società terza, svolto con autonomia imprenditoriale; l'impossibilità di una ricollocazione interna e - concludono i giudici di legittimità - "trattandosi di motivazione immune da vizi logici e giuridicamente corretta perché supportata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, (...) il ricorso va rigettato.".
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