La disamina che segue potrà essere e ritenersi applicabile a tutti i casi in cui il promotore finanziario abbia determinato una perdita economica nel patrimonio dell'investitore a causa di procedure non conformi alla normativa disposta in materia quale, ad esempio, per ciò che concerne il rischio dell'investimento proposto, la distrazione del danaro consegnatogli etc.
Interessante è notare come, in tutti questi casi, sussista una responsabilità civile solidale, oggettiva ed indiretta della Banca che sarà, pertanto, tenuta a risarcire il cliente danneggiato.
La denunciata responsabilità della Banca intermediaria deriva dai principi dettati dalle Leggi speciali che si sono succedute nel tempo in materia, cui le fattispecie in esame risultano soggette in termini di applicazione temporale, e che stabiliscono la responsabilità solidale del preponente intermediario (Banca) per i danni cagionati dal promotore.
Infatti, sin dalla Legge 02.01.1991, n. 1, art. 5, comma 4 veniva coniato un principio, poi ripreso con formula pressoché identica, dapprima dal D.Lvo 23.07.1996 n. 415, art. 23 comma 3° e, da ultimo, dall'art. 31, comma 3° del D.Lvo 24.02.1998 n. 58 (Testo Unico dell'intermediazione finanziaria) che stabilisce come
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Le citate norme sono assai chiare ed univoche, come chiara ed univoca è l'interpretazione che è stata data alle stesse dalla Giurisprudenza#, nel configurare in capo all'intermediario una responsabilità oggettiva indiretta per fatto altrui che opera per il solo fatto che l'illecito del promotore abbia un nesso di occasionalità con lo svolgimento dell'attività per conto dell'intermediario#.
Si noti, a titolo di completezza, come in tema di responsabilità indiretta della società di intermediazione mobiliare per i danni arrecati a terzi dai promotori finanziari nello svolgimento delle incombenze loro affidate, l'accertamento di un rapporto di necessaria occasionalità tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni affidategli comporterebbe anche l'insorgenza di una responsabilità diretta a carico della società la cui configurabilità non è preclusa dall'art. 5, comma 4, della Legge n. 1 del 1991 (ed ora art. 31, comma 3, del D.Lvo n. 58 del 1998), il quale si limita a prevedere un'estensione della responsabilità al fatto altrui, non impedendo tuttavia anche l'accertamento della potenziale responsabilità per fatto proprio, ai sensi dell'art. 2055 cod. civ. trattandosi, quindi di un'estensione dell'ambito di applicabilità dell'art. 2049 c.c.#
Ne consegue come tale responsabilità solidale della Banca intermediaria nel danno cagionato al terzo per fatti commessi dal promotore sia rinvenibile in presenza dei seguenti elementi:
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la dazione di denaro del cliente a favore del promotore finanziario, in qualsivoglia forma questa avvenga, ed il vincolo di destinazione causale impresso dal cliente stesso a tale dazione;
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il rapporto organico, seppur anche non di dipendenza, fra il promotore e l'intermediario;
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sussistenza di un nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli dall'intermediario;
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danno cagionato al cliente.
Per quanto concerne in particolare il nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli dall'intermediario questo è rinvenibile in ogni caso in cui le mansioni affidate al preposto hanno reso possibile, o comunque agevolato, il comportamento produttivo del danno, anche ove si accerti che il promotore finanziario abbia agito oltre i limiti delle sue mansioni e, per di più, con dolo e in violazione di una norma penale#.
Tale requisito è infatti ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il comportamento del promotore rientri nel quadro delle attività funzionali all'esercizio delle incombenze di cui è investito.
Né rileva che il comportamento del promotore abbia esorbitato dal limite fissato dalla Banca intermediaria, essendo sufficiente che la sua condotta sia stata agevolata e resa possibile dall'inserimento del promotore stesso nell'attività della società d'intermediazione mobiliare e si sia realizzata nell'ambito e coerentemente alle finalità in vista delle quali l'incarico è stato conferito, in maniera tale da far apparire al terzo in buona fede che l'attività posta in essere, per la consumazione dell'illecito, rientrasse nell'incarico affidato#.
Infatti, come argomentato, detta responsabilità solidale dell'intermediario per i danni arrecati dal promotore finanziario costituisce un'ipotesi rafforzata rispetto agli istituti previsti dal Codice Civile non richiedendo, necessariamente, la violazione di un comportamento di controllo o scelta del promotore.
Da ciò consegue che il rapporto con il promotore finisce per diventare rapporto con l'intermediario che è tenuto a far fronte agli obblighi assunti in suo nome anche da un promotore eventualmente privo di rappresentanza e ciò per avere ingenerato nei terzi la convinzione non colposa della sussistenza di un rapporto di rappresentanza, in applicazione del principio di tutela dell'affidamento#.
In definitiva non è richiesta la dimostrazione di un particolare stato soggettivo dell'intermediario - da qui la definizione di "oggettiva" della correlata responsabilità - così come della condotta quantomeno colposa dello stesso preponente (né sotto il profilo della erronea scelta del collaboratore, né sotto l'aspetto della negligente vigilanza della sua attività), non essendo esclusa dal comportamento doloso del promotore, così come si ricava dalla evidenza letterale della norma#.
Da quanto sopra argomentato emerge come, in
il cliente danneggiato dall'attività irregolare, illecita e/o infedele del promotore avrà diritto a vedersi risarcito un danno pari alle somme da questi consegnate - in ogni modalità, anche se formalmente irregolare (dazione diretta in contanti, per assegno a "M.M." etc) - per l'investimento, ovvero, agli importi irrimediabilmente persi nell'investimento a causa delle denunciate condotte del promotore.
Tale somma, costituendo risarcimento del danno da fatto illecito, deve essere indubbiamente considerata "debito di valore"# da risarcire al terzo danneggiato e, come tale, importo soggetto alla rivalutazione monetaria, nonché agli interessi compensativi applicabili quale risarcimento del maggior danno derivante all'attore dall'impossibilità di impiegare le somme sottratte in altri investimenti redditizi considerandosi come, prova dì tale vincolo di destinazione degli importi sottratti ai fini dell'investimento è da considerarsi
nella dimostrata volontà del cliente di averli consegnati a tal fine al promotore finanziario infedele.
Va considerato per il calcolo, pertanto, il coefficiente ISTAT dal singolo periodo di decorrenza sino alla data del risarcimento.
Alla somma così rivalutata, come visto, andranno poi applicati gli interessi compensativi del maggior danno derivante al cliente dal non aver potuto disporre della somma indebitamente sottratagli per il suo voluto utilizzo in investimenti redditizi.
Un equo tasso applicabile per tale voce sarà quello risultante dalla media dei tassi legali e dei rendimenti dei titoli di Stato Italiani dalla data di decorrenza sino a quella dell'effettivo risarcimento, fermo restando il principio del divieto del cumulo tra interessi e rivalutazione conseguendone come gli interessi compensativi non potranno essere calcolati sulla somma già rivalutata, bensì sul valore medio della somma capitale nel periodo considerato ricavabile fra la semisomma tra gli importi iniziali e quelli singolarmente rivalutati#.
Andrà poi riconosciuto al cliente danneggiato - nella sua qualità di terzo nel rapporto che ha legato l'intermediario ed il promotore, e danneggiato dalla condotta del promotore finanziario stesso - anche il risarcimento del danno non patrimoniale#.
Il diritto del cliente a vedersi risarcita anche tale voce di danno è, infatti, diretta conseguenza della condotta illecita del promotore, discendendo dal combinato disposto degli artt. 185 c.p. e 2059 c.c. stante la natura di presunto illecito penale del fatto.
Il tutto in ossequio ad una consolidata Giurisprudenza che statuisce come ove il fatto illecito oggetto dell'analisi del giudizio, e fonte del diritto al risarcimento, costituisca reato, il danneggiato ha anche diritto all'ulteriore risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento#.
Nei casi dibattuti è di ovvia considerazione come le condotte illecite esaminate abbiano leso interessi giuridicamente rilevanti (quali il diritto all'integrità patrimoniale e, ancor di più, il diritto al risparmio, quest'ultimo tutelato anche in sede Costituzionale ex art. 47 Cost.), comportando, tra le altre, una sofferenza soggettiva del soggetto leso derivante non solo dalla perdita economica, ma anche dal tradimento della fiducia riposta nel preposto e nell'intermediario.
In considerazione dell'assenza di criteri certi di liquidazione di tale voce di danno è richiesta una valutazione equitativa dello stesso che, alla stregua dei dati di rilievo della vicenda (entità delle somme sottratte, natura fiduciaria del rapporto, frustrazione delle aspettative di rendimento connaturate alla tipologia del rapporto stesso, sofferenza nell'apprendere la distrazione degli importi, timore della perdita degli stessi etc.) ma, soprattutto, della Giurisprudenza in materia, ben può ritenersi equa in una maggiorazione pari ad 1/5 dell'intera somma distratta o definitivamente persa nell'investimento, importo da rivalutarsi a decorrere dalla data in cui è stata presuntivamente scoperta l'infedeltà della condotta del promotore.
Al riguardo, per agevolare l'opera dell'Interprete, va tenuto in considerazione come il
risarcitorio del danno non patrimoniale sia stato, in questa sede, determinato individuando la linea mediana dei riferimenti tracciati dalla numerosa Giurisprudenza in materia# nella casistica in cui i Giudici di merito si sono trovati nella possibilità di applicare il potere di determinazione equitativa del danno non patrimoniale, in assenza di elementi oggettivi che ne permettessero una diversa quantificazione.
Infatti, a seconda della fattispecie analizzata, i Giudici, fermo restando il rispetto del principio dell'aumento percentuale sulla sorte risarcitoria patrimoniale al fine di determinare l'importo dovuto a titolo di ristoro del danno non patrimoniale, hanno di volta in volta, ed in ragione della diversità della fattispecie analizzata, applicato aumenti che hanno variato da un minimo del 10%# ad un massimo del 30%#.
Accertata la persistenza degli elementi indicati il cliente danneggiato potrà, in alternativa, azionarsi direttamente ex art. 31, comma 3° del D.Lvo 24.02.1998 n. 58 (Testo Unico dell'intermediazione finanziaria) nei confronti della Banca intermediaria così come, chiamandoli solidalmente - soluzione preferibile in termini tecnici in quanto chiama in giudizio entrambi gli "attori" della vicenda potendo richiedere l'accertamento dell'illegittimità della condotta del preposto - della stessa e del promotore.
In questo caso, accertata la responsabilità diretta del promotore il danneggiato dovrà, in conclusione, richiedere quella solidale ed indiretta della Banca che sarà condannata, quindi, a risarcire in solido con il proprio preposto il cliente.
Detta responsabilità solidale ed indiretta è posta, dal Legislatore, ad ovvia garanzia della risarcibilità dei danni subiti dai clienti a causa delle attività dei promotori, considerandosi come la casistica ci ha insegnato che, innanzi ad ingenti importi persi dal cliente in ragione di una condotta per qualsivoglia motivo sanzionabile del promotore, difficilmente il primo vedrebbe la soddisfazione del proprio danno ove non vi fosse la garanzia di un soggetto solvibile, come la Banca intermediaria che avrà il diritto, ovviamente, di ripetere eventuali importi corrisposti a risarcimento del danneggiato dal promotore infedele.
Avv. Riccardo Carlone - www.studiocarlone.it