Con sentenza n. 18185 del 19 aprile 2013 della Corte di Cassazione, ha assolto dal reato di lesioni gravissime i medici che avevano eseguito un intervento su una minore per asportare una massa tumorale dall'encefalo che, a detta dei medici, sarebbe stato altamente maligno. Dall'esame istologico erano emerse due diagnosi contrastanti, una che dichiarava il basso grado della malignità del tumore e una che ne dichiarava invece l'alto grado. In ogni caso i medici avevano agito in regime d'urgenza e non avevano disposto ulteriori esami per verificare se vi fossero possibili interventi alternativi e meno invasivi rispetto a quello eseguito.
Per la Corte territoriale vi sarebbe stata imperizia e negligenza dei medici per il fatto di non aver preventivamente disposto una visita dall'oncologo, che avrebbe potuto evidenziare un diverso tipo di cure.
Inoltre, i medici avevano omesso di informare i genitori della bambina sugli esiti contraddittori della biopsia.
In una situazione del genere, secondo i giudici di merito, i medici avrebbero dovuto chiedere di nuovo il consenso informato prima di dare corso all'intervento.
Nel corso del giudizio era stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio che però aveva consentito di accertare che eventuali ulteriori accertamenti non avrebbero fornito indicazioni decisive sulla scelta di un tipo diverso di intervento. Con la conseguenza che non si sarebbe potuto parlare di colpa nell'operato dei medici. Come spiega la Suprema Corte, in ogni caso, dal momento che l'intervento doveva essere eseguito con urgenza è stata esclusa ogni responsabilità dei medici e, proprio in ragione dell'urgenza, si è escluso che si possa addebitare ai medici il fatto di non aver richiesto il rinnovo del consenso.
Daniela O.
Vai al testo della sentenza n. 18185/2013
Per la Corte territoriale vi sarebbe stata imperizia e negligenza dei medici per il fatto di non aver preventivamente disposto una visita dall'oncologo, che avrebbe potuto evidenziare un diverso tipo di cure.
Inoltre, i medici avevano omesso di informare i genitori della bambina sugli esiti contraddittori della biopsia.
In una situazione del genere, secondo i giudici di merito, i medici avrebbero dovuto chiedere di nuovo il consenso informato prima di dare corso all'intervento.
Nel corso del giudizio era stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio che però aveva consentito di accertare che eventuali ulteriori accertamenti non avrebbero fornito indicazioni decisive sulla scelta di un tipo diverso di intervento. Con la conseguenza che non si sarebbe potuto parlare di colpa nell'operato dei medici. Come spiega la Suprema Corte, in ogni caso, dal momento che l'intervento doveva essere eseguito con urgenza è stata esclusa ogni responsabilità dei medici e, proprio in ragione dell'urgenza, si è escluso che si possa addebitare ai medici il fatto di non aver richiesto il rinnovo del consenso.
Daniela O.
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