Tale principio è stato applicato di recente dalla Corte di Cassazione (sent. n. 10048/2013) al caso di un condomino che aveva sopraelevato, sul suo attico, avvalendosi del diritto di cui all'art. 1127 c.c.
Condannato, in primo grado, a demolire il corpo di fabbrica così costruito e al risarcimento dei danni a favore del condominio, la Corte di appello, dopo aver distinto l'aspetto architettonico dal decoro architettonico, aveva ritenuto che la domanda attrice riguardava solamente l'asserita modifica dell'aspetto architettonico dell'edificio e non anche quella riguardante il preteso depauperamento che la nuova cubatura causava a danno degli altri condomini afferente l'intero edificio condominiale.
Il manufatto, pertanto, pur se aveva alterato le linee e la struttura caratterizzanti l'insieme dell'edificio, ne aveva senz'altro rispettato lo stile architettonico per cui il nuovo manufatto non costituiva una stonatura rispetto all'unitarietà dell'edificio stesso.
Di contrario avviso la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso del condominio evidenziando l'incongruenza delle motivazioni esposte dalla corte di merito in quanto, nella fattispecie, l'aspetto architettonico non può prescindere del tutto dal decoro architettonico
In materia di condominio il codice, nel riferirsi all'aspetto architettonico per le sopraelevazioni e, per quanto alle innovazioni, al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di vasta portata intendendo, per aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio sicché l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente, comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo percepibile da qualunque osservatore (Cass. sent. 1025/2004).
La nozione di aspetto architettonico di cui all'articolo 1127 Cc non coincide con quella di decoro di cui all'art. 1120 c.c. (che è più restrittiva): "l'intervento edificatorio quindi deve essere decoroso (rispetto allo stile dell'edificio), e non deve rappresentare comunque una rilevante disarmonia rispetto al preesistente complesso tale da pregiudicarne le originarie linee architettoniche, alterandone la fisionomia e la peculiarità impressa dal progettista".
Nella fattispecie "trattasi infatti di un manufatto di discreta volumetria che occupa gran parte dell'originario terrazzo dell'ultimo piano, dunque ben visibile dall'esterno, che è stato aggiunto alla preesistente costruzione con in qualche modo inevitabile alterazione delle linee originarie dell'intero stabile"(Cass. sent. n. 10048 cit.).