Non si può fare pubblicità occulta del proprio studio neppure in un'intervista. Lo stabilisce la Cassazione con la sentenza 10304/2013. Il ricorso è stato presentato da un avvocato contro il suo ordine professionale che lo aveva sanzionato per aver fatto pubblicità occulta al suo studio.
Il ricorrente, nel 2007, aveva rilasciato un'intervista al mensile "Dossier Lombardia" dal titolo "Tra Germania e Italia accompagnando i clienti nella costituzione di joint venture e partnership all'estero", in cui raccontava la sua ventennale esperienza nel settore. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Brescia ha ritenuto questa intervista una violazione delle norme deontologiche in materia di pubblicità e informazione dell'attività professionale. L'avvocato accusato di violazione decide allora di impugnare la sanzione di fronte al Consiglio ma quest'ultimo respinge il ricorso. Portato il caso di fronte alle Sezioni unite della Cassazione, queste confermano il giudizio del Consiglio dell'Ordine forense.
I supremi Giudici affermano infatti che una reclame pubblicitaria ritenuta lesiva della dignità e del decoro della professione rientra a pieno titolo nelle competenze delle responsabilità dell'avvocato. Non si può, inoltre, impedire agli organi professionali di procedere alla sanzione, qualora si riscontrasse un illecito dovuto ad un messaggio pubblicitario non conforme a correttezza.
Nello specifico ciò che l'Ordine forense ha ritenuto illecito e poco deontologico erano le modalità attraverso cui l'avvocato ha fatto pubblicità al suo studio. Il fatto che fosse un articolo di un mensile in forma di intervista e con un titolo fuorviante non consentivano al lettore di capire immediatamente di trovarsi di fronte ad una informazione pubblicitaria che quindi può, di fatto, essere considerata "occulta". Oltretutto nell'articolo non si parlava né di joint venture né di partnership all'estero, come lasciava intendere il titolo, ma esso si sviluppava invece soffermandosi sull'espereneza dello studio e del professionista con l'aggiunta di numerose fotografie.
Autore: Deb
Il ricorrente, nel 2007, aveva rilasciato un'intervista al mensile "Dossier Lombardia" dal titolo "Tra Germania e Italia accompagnando i clienti nella costituzione di joint venture e partnership all'estero", in cui raccontava la sua ventennale esperienza nel settore. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Brescia ha ritenuto questa intervista una violazione delle norme deontologiche in materia di pubblicità e informazione dell'attività professionale. L'avvocato accusato di violazione decide allora di impugnare la sanzione di fronte al Consiglio ma quest'ultimo respinge il ricorso. Portato il caso di fronte alle Sezioni unite della Cassazione, queste confermano il giudizio del Consiglio dell'Ordine forense.
I supremi Giudici affermano infatti che una reclame pubblicitaria ritenuta lesiva della dignità e del decoro della professione rientra a pieno titolo nelle competenze delle responsabilità dell'avvocato. Non si può, inoltre, impedire agli organi professionali di procedere alla sanzione, qualora si riscontrasse un illecito dovuto ad un messaggio pubblicitario non conforme a correttezza.
Nello specifico ciò che l'Ordine forense ha ritenuto illecito e poco deontologico erano le modalità attraverso cui l'avvocato ha fatto pubblicità al suo studio. Il fatto che fosse un articolo di un mensile in forma di intervista e con un titolo fuorviante non consentivano al lettore di capire immediatamente di trovarsi di fronte ad una informazione pubblicitaria che quindi può, di fatto, essere considerata "occulta". Oltretutto nell'articolo non si parlava né di joint venture né di partnership all'estero, come lasciava intendere il titolo, ma esso si sviluppava invece soffermandosi sull'espereneza dello studio e del professionista con l'aggiunta di numerose fotografie.
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