"Ove la contrattazione collettiva preveda, quale ipotesi di giusta causa di licenziamento, l'omessa o tardiva presentazione del certificato medico in caso di assenza per malattia oppure l'inadempimento di altri obblighi contrattuali specifici da parte del lavoratore, la valutazione in ordine di legittimità del licenziamento, motivato dalla ricorrenza di una di tali ipotesi, non può conseguire automaticamente dal mero riscontro che il comportamento del lavoratore integri la fattispecie tipizzata contrattualmente, ma ocorre sempre che quest'ultima sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto tenuto dal lavoratore anche sotto il profilo soggettivo della colpa e del dolo".
La Suprema Corte ha precisato che nel caso di specie "il giudice d'appello ha correttamente interpretato le norme e, con valutazione di fatto logica ed aderente alle emergenze istruttorie, come tale non censurabile in questa sede, ha verificato da un canto l'esistenza effettiva della condotta materiale (assenza dal lavoro per più di quattro giorni senza comunicare la giustificazione) e dall'altro ha approfondito anche il profilo soggettivo ed ha ravvisato, nella condotta tenuta dal lavoratore nel corso della sua assenza, un comportamento gravemente negligente, consistito nell'aver omesso di verificare la corrispondenza delle prognosi effettuate nelle due diverse certificazioni mediche acquisite (una nell'immediatezza del malore e l'altra a distanza di due giorni) ed in particolare nella non coincidenza dei termini finali tra la prima (trattenuta dal lavoratore) e la seconda inviata al datore di lavoro".
Rientra, infatti - proseguono i giudici di legittimità - tra i normali obblighi di diligenza e correttezza nello svolgimento del rapporto di lavoro, assicurarsi che, impedimenti nello svolgimento della prestazione, pur legittimi, non arrechino alla controparte (datore di lavoro) un pregiudizio ulteriore per effetto di inesatte comunicazioni che generino un legittimo affidamento nella effettiva ripresa della prestazione lavorativa.
La norma collettiva che sanziona con il licenziamento
l'assenza ingiustificata tutela l'affidamento che il datore di lavoro deve poter riporre nella continuità ed effettività della prestazione; ciò che rileva - si legge nella sentenza - non è tanto l'effettività della malattia quanto piuttosto la diligenza nell'esecuzione della prestazione che si concreta anche nella corretta e tempestiva informazione del datore di lavoro della sua impossibilità.Per cui "è del tutto coerente la valutazione che la Corte d'appello compie circa la proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta, non solo con riguardo allo specifico inadempimento previsto dalla norma collettiva ma, più in generale, con riferimento alla irrimediabile lesione del vincolo fiduciario e dunque alla violazione della norma generale di cui all'art. 2119 c.c.".