Avv. Matteo Mami - Per molto tempo si è discusso del momento estintivo delle società di capitali.
Infatti, la giurisprudenza ante riforma di diritto societario, introdotta dal D.lgs. n. 6/2003, era concorde nel ritenere che la cancellazione delle società dal registro delle imprese non comportasse l'estinzione delle stesse, essendo necessaria, a tal fine, l'effettiva cessazione di tutti i rapporti attivi, passivi e processuali, non definiti nel corso delle operazioni di liquidazione.
La conseguenza di siffatta impostazione era che, in presenza di sopravvenienze passive, i creditori insoddisfatti avrebbero potuto agire direttamente nei confronti della società per far valere i loro diritti, mentre, in presenza di sopravvenienze attive, la società avrebbe potuto agire nei confronti del debitore per la tutela dei propri crediti.
In seguito alla riforma del diritto societario, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 4062 del 22 febbraio 2010, ha ritenuto di dover pervenire ad un cambiamento di orientamento ed ha fatto il punto della situazione, chiarendo gli effetti delle intervenute modifiche e affermando il principio di diritto secondo cui, non solo per le società di capitali, ma anche per le società di persone, il momento estintivo coincide con la cancellazione della società dal registro delle imprese.
La cancellazione dal registro delle imprese non ha più, pertanto efficacia dichiarativa, bensì costitutiva, e determina, quindi, l'estinzione di qualsiasi soggetto societario, anche se non risultino esauriti tutti i rapporti processuali e sostanziali in capo all'ente.
Ne deriva che, nel caso in cui una società di capitali in liquidazione pretenda il pagamento di una somma in contestazione, può accadere che, una volta conseguito il pagamento, la stessa società possa procedere alla propria cancellazione, rendendo così il predetto pagamento irripetibile, ove lo stesso fosse dichiarato non dovuto dall'Autorità Giudiziaria.
Proprio per tale evenienza, corre l'obbligo per il soggetto che effettui il pagamento, ai fini cautelativi e prudenziali, di richiedere una fideiussione, ex artt. 1939-1945, che accompagni il pagamento della somma in contestazione.
Naturalmente il problema non si pone per le società di persone, in quanto, in caso di cessazione di dette società, per i debiti sociali continuano a risponderne i soci solidalmente ed illimitatamente con il proprio patrimonio personale.
Detta necessità tuzioristica permane anche se una recente sentenza della Suprema Corte del 12.03.2013 n. 6070 ha affermato che dalla cancellazione della società dal Registro delle imprese non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, ma si determina un fenomeno di tipo successorio in favore dei soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Difatti, occorre comunque tenere in considerazione le rilevanti difficoltà ed incertezze che possono accompagnare il recupero del credito nei confronti di diversi soggetti (i soci), e nella maggior parte dei casi numerosi, che rispondono pro quota e limitatamente a quanto ricevuto in sede di liquidazione.
Articolo di Avv. Matteo Mami - maggio 2013 Sito: www.avvocatomatteomami.it
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