Presieduta da Roberto Michele TRIOLA, Cass. Civ., Sez. II, 15 aprile 2013, n. 9181, con la relazione di Cesare Antonio PROTO, stabilisce un principio che ricade sulla vita di tutti noi: non occorre la preventiva diffida per il caso di condomino in ritardo con i pagamenti condominiali; si può procedere subito per via monitoria.
Era accaduto che il Giudice di Pace di Troia aveva ingiunto agli opponenti di pagare al condominio € 226,08 a titolo di spese condominiali sulla scorta del solo verbale di assemblea condominiale, con cui era stato approvato a maggioranza il bilancio consuntivo ed all'unanimità il bilancio preventivo.
Stando all'assunto degli opponenti l'Amministratore avrebbe dovuto porre in mora il condomino inadempiente, attività obbligatoria stando al regolamento condominiale (art. 34).
Il magistrato non togato respingeva l'opposizione sul rilievo che il decreto ingiuntivo era stato legittimamente emesso sulla sola base della prova scritta costituita dalla delibera di approvazione del bilancio preventivo e consuntivo.
La previsione dell'art. 34 del regolamento di condominio non era condizione necessaria per invocare la tutela monitoria.
Il ricorso per cassazione presentato dai condomini segue la procedura ante quesito: al ricorso non si applica ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c., ora abrogato, che imponeva la formulazione di un quesito a conclusione dell'illustrazione del motivo: la sentenza impugnata risale al 30 gennaio 2006, mentre il quesito di diritto si applicava avverso provvedimenti pubblicati successivamente al 2 marzo 2006.
Il S.C. divisa che il regolamento di condominio si limita a fissare una regola di condotta della cui violazione potrebbe, in ipotesi, discendere una responsabilità per inesatto adempimento del mandato, non certo la preclusione processuale invocata dai condomini morosi.
Superato, dunque, il primo motivo di ricorso, manifestamente infondato, gli Ermellini passato alla disamina del secondo con cui si censura la violazione del regolamento nella parte in cui farebbe obbligo di invio a mezzo raccomandata a.r. di copia del verbale di assemblea condominiale; tale motivo è addirittura inammissibile in quanto introduce una censura per nulla conferente rispetto alla causa monitoria di opposizione.
Occorreva, infatti, stabilire nel merito se gli importi fossero o meno dovuti.
Il terzo motivo deduce il vizio di omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie: i ricorrenti opinano che il GdP di Troia, se avesse correttamente valutato la testimonianza di P.U., avrebbe dovuto trarre il convincimento ch'era prassi e regola del condominio che l'amministratore mettesse in mora i condomini prima di procedere monitoriamente.
Il motivo è all'evidenza inammissibile in quanto si censura un vizio di motivazione su un punto per nulla decisivo, secondo la formulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5 anteriore alla riforma del 2006.
Infatti, violando una prassi o una regola non poteva dirsi precluso per l'amministratore il ricorso alla procedura ingiunzionale.
Con il quarto motivo parti ricorrenti deducono il vizio di omessa e contraddittoria motivazione sulla valutazione delle risultanze istruttorie, opinando che il GdP avrebbe ritenuto approvato il bilancio consuntivo, mentre dal verbale risulterebbe non approvato.
Tale quarto motivo è inammissibile in quanto riguarda una circostanza irrilevante perché la controversia non attiene al voto espresso dai condomini, ma alla debenza di somme risultanti a debito che non risultano oggetto di specifica contestazione avanti al giudice del merito.
Il quinto motivo è dedicato alla regolamentazione delle spese di lite, sempre in relazione al mancato invio della preventiva diffida di contestazione della morosità prima della procedura ingiunzionale.
Il motivo viene giudicato infondato in quanto il GdP ha fatto corretta applicazione ex art. 91 c.p.c. del principio della soccombenza, mentre il mancato esercizio della compensazione delle spese processuali è insindacabile in sede di legittimità; inoltre, la parte soccombente non ha mai offerto il dovuto pagamento ed ha formulato difese manifestamente infondate sia avanti al GdP, sia in cassazione.
La S.C. ha così rigettato il ricorso con condanna al controricorrente condominio delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 500,00 oltre esborsi.
Era accaduto che il Giudice di Pace di Troia aveva ingiunto agli opponenti di pagare al condominio € 226,08 a titolo di spese condominiali sulla scorta del solo verbale di assemblea condominiale, con cui era stato approvato a maggioranza il bilancio consuntivo ed all'unanimità il bilancio preventivo.
Stando all'assunto degli opponenti l'Amministratore avrebbe dovuto porre in mora il condomino inadempiente, attività obbligatoria stando al regolamento condominiale (art. 34).
Il magistrato non togato respingeva l'opposizione sul rilievo che il decreto ingiuntivo era stato legittimamente emesso sulla sola base della prova scritta costituita dalla delibera di approvazione del bilancio preventivo e consuntivo.
La previsione dell'art. 34 del regolamento di condominio non era condizione necessaria per invocare la tutela monitoria.
Il ricorso per cassazione presentato dai condomini segue la procedura ante quesito: al ricorso non si applica ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c., ora abrogato, che imponeva la formulazione di un quesito a conclusione dell'illustrazione del motivo: la sentenza impugnata risale al 30 gennaio 2006, mentre il quesito di diritto si applicava avverso provvedimenti pubblicati successivamente al 2 marzo 2006.
Il S.C. divisa che il regolamento di condominio si limita a fissare una regola di condotta della cui violazione potrebbe, in ipotesi, discendere una responsabilità per inesatto adempimento del mandato, non certo la preclusione processuale invocata dai condomini morosi.
Superato, dunque, il primo motivo di ricorso, manifestamente infondato, gli Ermellini passato alla disamina del secondo con cui si censura la violazione del regolamento nella parte in cui farebbe obbligo di invio a mezzo raccomandata a.r. di copia del verbale di assemblea condominiale; tale motivo è addirittura inammissibile in quanto introduce una censura per nulla conferente rispetto alla causa monitoria di opposizione.
Occorreva, infatti, stabilire nel merito se gli importi fossero o meno dovuti.
Il terzo motivo deduce il vizio di omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie: i ricorrenti opinano che il GdP di Troia, se avesse correttamente valutato la testimonianza di P.U., avrebbe dovuto trarre il convincimento ch'era prassi e regola del condominio che l'amministratore mettesse in mora i condomini prima di procedere monitoriamente.
Il motivo è all'evidenza inammissibile in quanto si censura un vizio di motivazione su un punto per nulla decisivo, secondo la formulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5 anteriore alla riforma del 2006.
Infatti, violando una prassi o una regola non poteva dirsi precluso per l'amministratore il ricorso alla procedura ingiunzionale.
Con il quarto motivo parti ricorrenti deducono il vizio di omessa e contraddittoria motivazione sulla valutazione delle risultanze istruttorie, opinando che il GdP avrebbe ritenuto approvato il bilancio consuntivo, mentre dal verbale risulterebbe non approvato.
Tale quarto motivo è inammissibile in quanto riguarda una circostanza irrilevante perché la controversia non attiene al voto espresso dai condomini, ma alla debenza di somme risultanti a debito che non risultano oggetto di specifica contestazione avanti al giudice del merito.
Il quinto motivo è dedicato alla regolamentazione delle spese di lite, sempre in relazione al mancato invio della preventiva diffida di contestazione della morosità prima della procedura ingiunzionale.
Il motivo viene giudicato infondato in quanto il GdP ha fatto corretta applicazione ex art. 91 c.p.c. del principio della soccombenza, mentre il mancato esercizio della compensazione delle spese processuali è insindacabile in sede di legittimità; inoltre, la parte soccombente non ha mai offerto il dovuto pagamento ed ha formulato difese manifestamente infondate sia avanti al GdP, sia in cassazione.
La S.C. ha così rigettato il ricorso con condanna al controricorrente condominio delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 500,00 oltre esborsi.
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