La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13112 del 27 maggio 2013, ha accolto il ricorso presentato da un lavoratore avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello respingeva la sua domanda proposta al fine di ottenere la dichiarazione del diritto all'iscrizione nelle liste di mobilità e a percepire l'indennità di mobilità, a seguito del suo licenziamento da parte della datrice di lavoro, avvenuto nel quadro del licenziamento di tutto il personale della società, ancorché, per il lavoratore, oltre il 120° giorno successivo alla conclusione della relativa procedura di mobilità, in ragione del suo temporaneo trattenimento in servizio, quale ragioniere contabile, per il disbrigo delle ultime pratiche burocratiche.
La Corte territoriale, pur dando atto dell'incontestata unitarietà logica, cronologica e aziendale tra il licenziamento del ricorrente e la procedura di mobilità per la cessazione dell'attività, ha ritenuto l'infondatezza della domanda del lavoratore, per il superamento del suddetto termine di 120 giorni e la mancata previsione, nell'accordo collettivo che aveva concluso la procedura, della protrazione di esso fino alla data del suo, rilevando che comunque lo stesso lavoratore avrebbe potuto, ai sensi dell'art. 4, primo comma del D.L. n. 148/1993, presentare, nell'inerzia del datore di lavoro, tempestiva domanda di mobilità, cosa che egli aveva fatto solo tardivamente rispetto al termine di sessanta giorni ivi stabilito.
La Suprema Corte precisa che nel caso in esame, è stato accertato in giudizio che la datrice di lavoro aveva attivato per tutti i dipendenti (110) la procedura di mobilità, che questa si era conclusa con l'accordo sindacale del 27 dicembre 2001, cui era immediatamente seguita la messa in mobilità dei dipendenti ad eccezione del ricorrente, licenziato solo in data 31 maggio 2002; che non era contestato in giudizio ed è stato accertato inoppugnabilmente dai giudici di merito che anche quest'ultimo licenziamento era riconducibile alla decisione del datore di lavoro di cessare l'attività e che la sua protrazione nel tempo oltre i 120 giorni dalla conclusione della procedura di mobilità fu dovuta alla necessità del disbrigo da parte del lavoratore delle ultime pratiche burocratiche avendo egli la qualifica di ragioniere contabile; che la ragione per cui tale protrazione del licenziamento
non figura dall'accordo collettivo conclusivo della procedura è dovuta alla mancata tempestiva regolarizzazione della sua posizione lavorativa, solo successivamente, nel giugno 2002, effettuata dall'impresa relativamente al periodo dal febbraio 2000 al 31 maggio 2002 e quindi costituente fatto imputabile a quest'ultima.Tali inadempienze del datore di lavoro - si legge nella sentenza - "non possono pertanto ridondare a scapito del dipendente, in termini di perdita delle provvidenze previste per il licenziamento in questione, ove ne ricorrano le altre condizioni e non può costituire ostacolo all'accesso al trattamento rivendicato il fatto che il ricorrente abbia proposto domanda di iscrizione alle liste solo nel settembre 2002, oltre il termine di sessanta giorni dal licenziamento, ove tale ritardo venga dallo stesso giustificato dalla ricorrenza di gravi motivi."
I Giudici di Piazza Cavour, accogliendo, dunque, il ricorso con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, enunciano i principi di diritto secondo cui: - "In materia di licenziamento per cessazione dell'attività ai sensi dell'art. 24 della legge n. 223 del 1991, l'eventuale licenziamento di un dipendente oltre il termine di 120 giorni dalla conclusione della procedura di mobilità, previsto dal primo comma dell'articolo suddetto, come interpretato dall'art. 8, quarto comma del D.L. n. 148/1993, convertito nella L. n. 236/1993, non impedisce al dipendente l'esercizio della facoltà, attribuitagli dall'art. 4, primo comma del medesimo D.L. n. 148/1993, di chiedere direttamente all'ufficio del lavoro competente l'iscrizione nelle liste di mobilità nel caso in cui la protrazione del licenziamento oltre il termine non sia prevista nell'accordo collettivo conclusivo della procedura per fatto imputabile al datore di lavoro." e ancora - "In materia di licenziamento per cessazione dell'attività ai sensi dell'art. 24 della legge n. 223 del 1991, il termine di sessanta giorni dal licenziamento, che l'art. 4, primo comma del D.L. n. 148/1993, convertito nella L. n. 236/1993 stabilisce per l'esercizio da parte del dipendente licenziato del potere di chiedere l'iscrizione nelle liste di mobilità, ha carattere ordinatorio e può pertanto essere prorogato anche dopo la scadenza dello stesso, in presenza di adeguate giustificazioni del ritardo."