Nel caso di licenziamento per ragioni inerenti l'attività produttiva dell'organizzazione del lavoro, se il giustificato motivo oggettivo del licenziamento consiste nella generica esigenza di riduzione di personale, il datore di lavoro ha sempre il dovere di individuare con correttezza e buona fede i soggetti da licenziare.
È quanto si legge in una sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, sezione lavoro (sentenza 644/12) relativa al caso di un operaio inquadrato nel quinto livello e licenziato per giustificato motivo oggettivo. Il tribunale ricorda che, nell'individuare il soggetto da licenziare, non si può mai prescindere dai principi di correttezza e buona fede perché questi principi devono essere la base di ogni rapporto obbligatorio anche quando una sola delle parti intende recedere.
Nel caso preso in esame dal Tribunale al momento del licenziamento il datore di lavoro non aveva preso in considerazione le posizioni concorrenti di altri dipendenti che avevano la stessa qualifica e lavoravano nello stesso reparto.
Dall'istruttoria, infatti, era emerso che in quel reparto vi era almeno un altro lavoratore che aveva una minore anzianità e un maggior carico familiare.
Nella parte motiva della sentenza il giudice, richiamando un precedente orientamento della Cassazione, ricorda anche che è compito del magistrato controllare l'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro e che grava su quest'ultimo l'obbligo di provare l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. Resta parimenti a carico del lavoratore l'onere di dedurre ed allegare tale possibilità di reimpiego.
Il Tribunale a conclusione del giudizio ha annullato il licenziamento condannando il datore di lavoro a riassumere il dipendente o, in difetto, a risarcire il danno.
È quanto si legge in una sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, sezione lavoro (sentenza 644/12) relativa al caso di un operaio inquadrato nel quinto livello e licenziato per giustificato motivo oggettivo. Il tribunale ricorda che, nell'individuare il soggetto da licenziare, non si può mai prescindere dai principi di correttezza e buona fede perché questi principi devono essere la base di ogni rapporto obbligatorio anche quando una sola delle parti intende recedere.
Nel caso preso in esame dal Tribunale al momento del licenziamento il datore di lavoro non aveva preso in considerazione le posizioni concorrenti di altri dipendenti che avevano la stessa qualifica e lavoravano nello stesso reparto.
Dall'istruttoria, infatti, era emerso che in quel reparto vi era almeno un altro lavoratore che aveva una minore anzianità e un maggior carico familiare.
Nella parte motiva della sentenza il giudice, richiamando un precedente orientamento della Cassazione, ricorda anche che è compito del magistrato controllare l'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro e che grava su quest'ultimo l'obbligo di provare l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. Resta parimenti a carico del lavoratore l'onere di dedurre ed allegare tale possibilità di reimpiego.
Il Tribunale a conclusione del giudizio ha annullato il licenziamento condannando il datore di lavoro a riassumere il dipendente o, in difetto, a risarcire il danno.
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