Il nostro codice di procedura penale disciplina tre diversi tipi di sequestro: il sequestro probatorio, il sequestro preventivo
e il sequestro conservativo.
Il primo è stato collocato dal Legislatore tra i mezzi di ricerca della prova, mentre gli altri due tra le misure cautelari.
Caratteristica comune ai tre tipi di sequestro è quella di creare un vincolo di indisponibilità di una cosa mobile o immobile, attraverso uno spossessamento coattivo; mentre differiscono quanto alle finalità. Infatti, il sequestro probatorio mira alla ricerca della prova; il sequestro preventivo mira ad interrompere il compimento di un reato, ovvero tende ad inibire l'attività di un soggetto imponendogli obblighi di facere e/o di non facere; il sequestro conservativo
, infine, mira ad assicurare al procedimento alcuni beni perché con essi sia garantito il pagamento delle spese di giustizia o delle somme dovute al danneggiato.
Soffermiamo la nostra attenzione sulla figura del sequestro probatorio.
Il sequestro probatorio ( detto anche sequestro penale) è un mezzo di ricerca della prova e consiste nell'assicurare una cosa mobile o immobile al procedimento per finalità probatorie, mediante lo spossessamento coattivo della cosa e la creazione di un vincolo di indisponibilità sulla medesima. Tale vincolo di indisponibilità serve per conservare immutate le caratteristiche della res, al fine dell'accertamento dei fatti. Dunque, la ratio del sequestro
è quella di assicurare al processo il relativo mezzo di prova.
Ai sensi dell'art. 253, comma 1, c.p.p. sono oggetto di sequestro probatorio:
- il corpo di reato,
- le cose pertinenti al reato necessarie per l'accertamento dei fatti.
Più precisamente costituiscono corpo di reato, secondo il comma 2 dell'art. 253 c.p.p.,:
- le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso (si pensi ad es. testamento falsificato o la pistola impiegata per commettere un omicidio );
- le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Precisiamo cosa debba intendersi per prodotto, profitto e prezzo del reato:
- per prodotto del reato si intende il risultato, id est il frutto che il responsabile ottiene dalla sua condotta criminosa;
- per profitto del reato si intende il vantaggio economico che deriva dalla commissione del reato
- infine, per prezzo del reato si intende il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato.
Non è, dunque, sufficiente classificare una "cosa" come corpo del reato per ipotizzarne la sequestrabilità, ma è necessario che tale classificazione sia motivata. Al riguardo la Suprema Corte ha affermato: "In tema di sequestro probatorio il sindacato del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma deve essere limitato alla verifica dell'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato ed al controllo dell'esatta qualificazione dell'oggetto del provvedimento come corpus delicti, nel senso che deve essere accertata l'esistenza della relazione di immediatezza, descritta nel comma 2 dell'art. 253 c.p.p., tra la cosa stessa e l'illecito penale. La legittimità del sequestro del corpo del reato, inoltre, può essere deliberata, sia pure in linea astratta, solamente in correlazione ai fatti posti a fondamento del provvedimento, non potendosi prescindere dal riferimento alla situazione risultante dagli elementi fattuali che l'accusa ha reputato giustificativi della misura, ferma restando la possibilità per il giudice del riesame di mutarne la qualificazione giuridica e adottare un differente nomen juris, enucleando un'ipotesi di reato diversa da quella delineata nel provvedimento". ( Cass., S.U. 11 novembre 1994 sent. n. 20).
Nel caso in cui venga in toto a mancare la motivazione di cose qualificate come "corpo del reato", in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti, la Corte di Cassazione deve pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio del decreto di sequestro o dell'ordinanza di riesame carenti di motivazione al riguardo.
Chi scrive ritiene importante evidenziare che l'atto di sequestro non è un atto basato su modulistiche standardizzate. Difatti, è stata abbandonata, in quanto non più condivisibile, la prassi di limitare la stesura di tale verbale a poche righe su moduli standard che non consentono, a causa dello spazio assai ridotto, di motivare in modo chiaro l'esecuzione del sequestro. Sul punto, recentemente, si è espressa, anche, la Suprema Corte con sentenza n. 180 del 10.01.2012, chiarendo come nell'ipotesi di sequestro probatorio deve essere specificata, a pena di nullità, la finalità probatoria che si intende perseguire.
Passiamo ora ad esaminare gli aspetti procedurali del sequestro probatorio.
In genere, l'ambito di operatività del sequestro probatorio è la fase delle indagini preliminare. Chi può procedere al sequestro?
Può procedervi sia il pubblico Ministero che la polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 253 c.p.p.. Quando il sequestro è eseguito d'iniziativa dalla polizia giudiziaria, una copia del verbale è consegnata alla persona cui sono state sequestrate le cose. Subito dopo l'esecuzione, la polizia giudiziaria deve, ai sensi dell'art. 355, comma 1, c.p.p., provvedere a trasmettere il verbale "senza ritardo" e, comunque, "non oltre le 48 ore al pubblico ministero del luogo dove il sequestro è stato eseguito". Il pubblico ministero ha altre 48 ore per la convalida dell'operato in via d'urgenza (art.355, comma 2, c.p.p.).
Chi scrive ritiene opportuno richiamare l'attenzione sul lettore sul fatto che il verbale di sequestro è atto destinato ad entrare a far parte del fascicolo del dibattimento ecco perché è richiesta una motivazione esaustiva, cioè che indichi, pur se sommariamente, i fatti e gli elementi base del reato perseguito.
La qualificazione giuridica del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria spetta al pubblico ministero che, in quanto dominus della fase delle indagini, ha il potere di classificare come sequestro preventivo quello disposto dalla polizia con dichiarate finalità probatorie con la conseguenza che il regime delle impugnazioni deve, poi, adeguarsi alla scelta del pubblico ministero. Ciò è confermato dalla Suprema Corte che ha stabilito: " ai fini della convalida del sequestro il pubblico ministero non è vincolato dalle indicazioni della polizia giudiziaria e ben può ritenere di carattere probatorio un sequestro che la polizia ha ritenuto di carattere preventivo". ( Cass., S.U. 18 giugno 1991- 24 luglio 1991 n. 9)
Peraltro il pubblico ministero, anche quando decide di non convalidare il sequestro effettuato d'iniziativa dalla polizia giudiziaria, può ordinare in piena autonomia (finché sono in corso le indagini preliminari) il sequestro delle cose già vincolate (rectius: sequestrate) dalla polizia giudiziaria; ciò indipendentemente dalla circostanza che tali cose siano state o meno nel frattempo restituite alla persona interessata.
Oltre che all'organo inquirente, anche a quello giurisdizionale è riconosciuto il potere di attivare un provvedimento di sequestro: ciò si verificherà, di regola, ad imputazione già formulata, allorché le parti avranno come naturale interlocutore il giudice. Il giudice potrà disporre il sequestro tanto a richiesta di parte, quanto ex officio, se in fase di dibattimento (art. 507 c.p.p.).
Talvolta può accadere che l'intervento del giudice venga sollecitato ancor prima che si sia conclusa la fase delle indagini preliminari; ciò si verifica quando in sede di indagini preliminari il pubblico ministero rifiuti un sequestro richiesto dall'interessato vale a dire del danneggiato, della persona offesa o della persona indagata.
Il giudice delle indagini preliminari provvede dopo che lo stesso pubblico ministero gli abbia trasmessa l'istanza accompagnata dal proprio parere.
La decisione, ai sensi dell'art. 127 comma 7, c.p.p. va adottata nelle forme del rito camerale ed è soggetta a ricorso per Cassazione.
Secondo la Corte Costituzionale (Corte Costituzionale sentenza n.190 del 23 aprile 1991), "nel caso in cui il pubblico ministero non adempisse il dovere di investire della richiesta di sequestro da lui non condivisa il giudice per le indagini preliminari, questi ben potrebbe, nel corso dell'udienza preliminare, disporre del "potere sostitutivo conferitogli dall'art. 368, in quanto non potuto esercitare per l'inottemperanza da parte del pubblico ministero della procedura ivi dettata".
Natura atto di sequestro.
Quanto alla natura deve osservarsi che l'atto di sequestro è atto a sorpresa e atto irripetibile.
Quanto al primo aspetto natura di "atto a sorpresa"( quando ad esso vi procedono direttamente gli ufficiali di polizia giudiziaria) non può in alcun modo inficiare le garanzie di difesa poste dal nostro ordinamento a favore dell'indagato.
Per sua natura il sequestro è, anche, atto irripetibile. La Suprema Corte ha stabilito " il verbale di sequestro può essere inserito nel fascicolo dibattimentale, ai sensi dell'art. 431 c.p.p. ed utilizzato quale fonte di prova. Infatti, il sequestro rientra nella categoria degli atti non ripetibili quale tipico atto di indagine a sorpresa, il cui risultato è per natura condizionato dalla segretezza della sua disposizione e dalla tempestività della sua esecuzione, non potendo essere nuovamente posto in essere in modo utile dato che, una volta sfruttata, la sorpresa, che ne costituisce essenziale connotazione, si esaurisce e non può essere più rinnovata". ( Cass. Sez. VI, 14 novembre 1991- 10 gennaio 1992, n.182 ).
Nel medesimo fascicolo devono essere inseriti, anche, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, acquisite dalla polizia giudiziaria, qualora non debbano essere custoditi altrove.
Limiti riguardanti l'oggetto del sequestro probatorio.
Sono previsti dei limiti alla sequestrabilità, al fine di tutelare alcuni interessi ritenuti
preminenti rispetto alle esigenze che con l'atto di sequestro si intende realizzare.
Quali sono questi limiti?
Tali limiti in primis riguardano gli atti relativi all'oggetto della difesa ed alla corrispondenza tra imputato e difensore. L'art. 103 c.p.p. rubricato "Garanzie di libertà del difensore" al comma 2 stabilisce che "presso i difensori […] non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa […]".
La ratio della norma è duplice da un lato mira ad impedire l'assicurazione per fini probatori di atti che potrebbero essere coperti da segreto, dall'altro a rafforzare la tutela della posizione istituzionale della difesa sia nel procedimento sia nel processo penale.
La insequestrabilità per ragioni di natura difensiva comprende, anche, la corrispondenza tra l'imputato ed il proprio difensore. Infatti, ai sensi del comma 6 dell'art. 103 c.p.p. : " sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra imputato e il proprio difensore, in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni […]".
Il divieto di procedere a sequestro di carte, documenti e corrispondenza destinati all'esercizio dell'attività di difesa viene meno nell'eventualità che essi costituiscano corpi di reato, come dispone l'art. 103 commi 2 e 6 c.p.p., ma resiste di fronte alle cose pertinenti al reato che, se affidate al difensore per l'adempimento del suo ufficio, ricadono nella previsione di insequestrabilità.

Durata e restituzione delle cose sequestrate.
Quanto alla durata il sequestro probatorio può essere mantenuto fin quando serva ai fini di prova. La Corte di Cassazione ha sottolineato che " la durata del sequestro probatorio deve essere limitata al tempo strettamente necessario per l'espletamento dell'accertamento in vista del quale è stato disposto, trattandosi di misura coercitiva reale che incide sia sul diritto di proprietà che sulla libertà di iniziativa economica "(Cass. Sez. III, 13 giugno 2007).
In caso contrario, devono essere restituite all'avente diritto, salvo in tre casi, e cioè che il giudice non ne disponga il sequestro conservativo o non le sottoponga a sequestro preventivo, ovvero che non ne ordini la confisca, anche dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione.
Istanza di riesame.
Ai sensi dell'art. 257, comma 1 e 2 c.p.p. può esser chiesto il riesame contro il decreto di sequestro probatorio. Tale richiesta non sospende l'esecuzione del provvedimento. Sul punto è bene evidenziare che il sequestro operato dalla polizia giudiziaria non ricade tra gli atti per i quali è possibile attivare un'istanza di riesame; ciò perché dal sequestro non convalidato deriva come conseguenza il diritto degli interessati ad ottenere la restituzione della res.
Soggetti legittimati a proporre l'istanza di riesame dell'atto di sequestro sono:
l'imputato;
la persona alla quale le cose sono state sequestrate;
la persona che avrebbe diritto alla restituzione.
Sulla istanza di riesame decide in composizione collegiale il Tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.
Le cose sequestrate sono affidate in custodia alla cancelleria o alla segreteria e se ciò non è possibile l'autorità giudiziaria dispone che la custodia avvenga in un luogo diverso specificando le modalità e provvedendo alla nomina di un altro custode.
Da ultimo vorrei richiamare l'attenzione del lettore tratteggiando, seppur brevemente, l'iter da seguire nell'ipotesi in cui venga disposto dal nostro Paese un sequestro probatorio che deve essere eseguito all'estero.
Se il sequestro è chiesto all'estero mediante commissione rogatoria, la sua esecuzione deve essere eseguita attenendosi alle norme convenzionali internazionali. La richiesta va rivolta non alla polizia giudiziaria, come stabilito nell'articolo 253, comma 3, c.p.p., ma all'autorità giudiziaria dello Stato in cui l'esecuzione dovrà avvenire.
In questo caso l'autorità estera dovrà adottare un suo provvedimento volto ad accertare et la sussistenza dei presupposti cui è condizionata l'ammissibilità della rogatoria et l'ammissibilità della richiesta che le è stata rivolta.
L'iter da seguire per l'esecuzione è, dunque, assai articolato. Difatti, è necessario disporre un doppio vincolo di indisponibilità sulla res oggetto di sequestro; vincolo che operi sia sul territorio dello Stato richiedente (in questo caso l'Italia) sia su quello dello Stato richiesto. Va osservato che il vincolo di indisponibilità nel nostro territorio della res di cui si è chiesto il sequestro all'estero dipende sempre da un provvedimento dell'autorità giudiziaria italiana. Tale provvedimento, difatti, può essere adottato separatamente oppure deve ritenersi racchiuso nella richiesta di assistenza giudiziaria internazionale.
Appare, quindi, evidente che l'esecuzione del provvedimento coercitivo dipende dalla sola autorità giudiziaria dello Stato richiesto davanti alla quale l'interessato può, dunque, mettere in moto i rimedi previsti da quell'ordinamento; ma solo al giudice dello Stato richiedente competono la delibazione di ammissibilità della prova desumibile dalla cosa da sequestrare e l'imposizione di quel vincolo di indisponibilità che condiziona il successivo provvedimento coercitivo e il conseguente ulteriore vincolo imposto dallo Stato richiesto.
Non si capisce, quindi, per quale motivo la scissione tra decisione ed esecuzione del sequestro dovrebbe privare l'interessato della possibilità di impugnazione ex articolo 257, comma 1, c.p.p. dinnanzi al giudice italiano.
Inoltre, va osservato che la separazione tra giurisdizione sul sequestro e giurisdizione sulla sua esecuzione legittima la possibilità di attivare due distinte impugnazioni.
Per concludere, in tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere è bene evidenziare che, anche una richiesta di assistenza giudiziaria all'estero per l'esecuzione di un sequestro probatorio, in quanto presuppone un provvedimento, sia pure solo implicito, dell'autorità giudiziaria italiana, è impugnabile mediante istanza di riesame dinanzi a quest'ultima, unica competente a valutare la sussistenza delle condizioni che ne legittimano l'adozione e il mantenimento della misura, salvi gli eventuali ulteriori rimedi esperibili secondo le regole stabilite dall'ordinamento dello Stato al quale è stata formulata la richiesta dell'assistenza.

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