di Barbara Luzi - Secondo la Corte di Cassazione, sezione III penale, non è ravvisabile il delitto di favoreggiamento della prostituzione nella condotta di chi concede in locazione l'immobile di sua proprietà ad una persona anche se è consapevole del fatto che l'affittuaria eserciterà all'interno dei locali l'attività di prostituta.
Il Tribunale di Perugia, prima, e la Corte d'Appello dello stesso distretto, poi, avevano condannato l'imputato per il reato di favoreggiamento della prostituzione (ex art. 3 n. 8 L. 75/1958). In particolare la Corte d'Appello aveva ridotto la pena inizialmente inflitta a due anni di reclusione, Euro 1.000,00 di multa, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena detentiva.
La stessa donna aveva inoltre riferito che il proprietario all'atto della stipula del contratto era a conoscenza dell'attività di prostituta della donna e che, nonostante le successive lamentele dei vicini di casa di quest'ultima sul continuo andirivieni di persone, pur potendo non aveva ritenuto d'intraprendere un'azione legale per la risoluzione del contratto. L'inquilina aveva preso in affitto l'immobile con lo scopo di adibirlo a luogo per i suoi incontri ed esercitava tale attività da sola e per suo conto; bisogna specificare anche che il canone risultava pari al prezzo di mercato perché se questo fosse stato un prezzo di favore si sarebbe potuta ravvisare la sussistenza del reato.
Il condannato, attraverso il proprio legale, propone ricorso in Cassazione per violazione di legge per inosservanza del precetto penale e manifesta illogicità della motivazione in quanto secondo molteplici pronunce della stessa Corte la semplice locazione di un appartamento ad una prostituta non integra la fattispecie delittuosa de qua. Sorgono inoltre dubbi circa l'attendibilità delle dichiarazioni testimoniali provenienti da uno dei testi visto che lo stesso nutriva dell'astio nei confronti del ricorrente.
Con l'ultimo motivo di ricorso la difesa deduce inosservanza della legge penale e l'omessa motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti considerata tra le altre cose la personalità dell'imputato.
La Suprema Corte considera che: "La condotta tipica indicata nella norma si riferisce al favoreggiamento inteso quale forma variegata di interposizione agevolativa sotto forma di attività idonea a procurare più agevoli condizioni per l'esercizio del meretricio ed esige, sul piano volitivo, la consapevolezza da parte dell'agente di agevolare, con la propria condotta l'altrui attività illecita, senza che rilevi il movente o il fine di tale condotta (così, tra le tante, Cass. Sez. 1^ 4.10.2007 n. 39928, P.M. in proc. Elia e altri, Rv. 237871; Cass. Sez. 3^ 4.11.2005 n. 47226, Palmiero, Rv. 233268; Cass. Sez. 3^ 31.1.2001 n. 10938, Dovana E., Rv. 218754). E' evidente, quindi, che l'agente debba adoperarsi sia direttamente, sia attraverso una opera di interposizione, per agevolare un'attività considerata dall'ordinamento statuale illecita".
Alcune sentenze della Corte di Cassazione avevano in passato dichiarato punibile, ai sensi dell'art. 3 n. 8 L. 75/58, il comportamento di chi s'interpone con il proprio ufficio per prendere in locazione in vece di una prostituta extracomunitaria un alloggio dove la stessa possa esercitare la propria "professione" (Cass. Sez. 3^ 4.12.2008 n. 810, Tornei, Rv. 242284). Probabilmente, quindi, i giudici di primo grado avevano seguito questo orientamento giurisprudenziale e quello di poche altre sentenze su casi simili senza tenere conto, però, della diversità del caso in esame e della più recente giurisprudenza.
In realtà, però, nella sentenza invocata il cui testo viene riportato integralmente dal giudice di merito ci sono dei concetti nella modalità di svolgimento della condotta illecita che non possono essere ricondotti al caso di specie e cioè quello di "casa di prostituzione" per la cui sussistenza "è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali, non disgiunta da una pur minima forma di organizzazione".
Le ultime massime giurisprudenziali in casi simili (Cass. Sez. 3^ 5.3.1984 n. 4996. Siclari, Rv. 164513; nello stesso senso, Cass. Sez. 3^ 3.5.1991 n. 6400, Tebaldi ed altri, Rv. 188540; Cass. Sez. 3^, 16.4.2004, n. 23657, Rincari, Rv. 228971; Cass. Sez. 3^ 23.2.2012 n. 7076 non massimata) riaffermano che non è configurabile il delitto di favoreggiamento della prostituzione quando l'agente si limiti a concedere in affitto l'immobile ad una prostituta e questa sia l'unica ad esercitare il meretricio in quel luogo. Anche perchè il proprietario non ha concesso il proprio immobile in locazione allo scopo specifico di consentirvi al suo interno lo svolgimento dell'attività di prostituzione. Per questi motivi la Suprema Corte annulla senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
Barbara Luzi - barbaraluzi@libero.it
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