di Gerolamo Taras - Con lettera del 14.1.2013, agli atti in data 1.2.2013 il signor P. S., aveva chiesto al Sindaco del comune di Guspini l'accesso "agli atti della procedura relativa all'approvazione dell'atto aggiuntivo al PIA CA 01 - Ovest - Nord Ovest da parte del Comune di Guspini, nonché al contratto preliminare stipulato tra il Sindaco ed il sig. P. S. in data 28.12.2009".
Non avendo ottenuto risposta il signor Scalas aveva proposto il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna per l'ottenimento dell'ordine di esibizione dei documenti richiesti a carico del Comune intimato.
Il Comune di Guspini ha eccepito l'inammissibilità del ricorso, sul rilievo che i documenti richiesti non esistevano presso il Comune, chiedendone comunque il rigetto perché infondato.
I giudici della Seconda Sezione (sentenza N. 00569/2013 del 12 giugno 2013 depositata in segreteria il 23/07/2013) hanno ritenuto il ricorso improcedibile per cessazione della materia del contendere, non senza tuttavia qualificare come illegittimo il silenzio serbato dal Comune, e di conseguenza condannare l' Ente alla rifusione delle spese del giudizio.
Dalla ricostruzione dei fatti, operata dai Giudici, è risultato che, successivamente alla formazione del silenzio sull'istanza di accesso, il Comune di Guspini, con nota del 20.5.2013 (oltre tre mesi dalla ricezione da parte dell'Amministrazione della richiesta di accesso agli atti), aveva dato risposta alla domanda presentata dal ricorrente, specificando, tuttavia che presso il Comune non esistevano gli atti richiesti.
Non avendo rinvenuto, presso gli uffici comunali, la documentazione richiesta dal ricorrente, il Sindaco del Comune di Guspini si era fatto rilasciare dalla Regione la proposta di atto aggiuntivo al PIA del 14 dicembre 2009 per depositarlo, poi, in giudizio in data 21 maggio 2013.
Risulta, pertanto, provato che il Comune non aveva dato risposta, nel termine di giorni trenta, alla domanda avanzata dal ricorrente (per gli effetti di cui all'art.2 comma 2 della legge 241/90). Secondo il TAR, "fermo restando il principio generale secondo cui il diritto di accesso può essere esercitato solo con riferimento a documenti materialmente esistenti e detenuti da una pubblica amministrazione (cfr. art. 2 D.P.R. n. 184/2006), quando la documentazione richiesta sia andata perduta o comunque non venga trovata dall'amministrazione, la stessa è tenuta ad indicare quantomeno le concrete ragioni dell'impossibilità di reperire gli atti smarriti, evidenziano la specifica attività di ricerca operata a tal fine ( TAR Sardegna, Sez. II, 8.4.2013, n. 276)".
"Quanto sopra trova conferma in una recente pronuncia del Consiglio di Stato, nella quale si chiarisce che "pur non potendosi - per evidenti motivi di ragionevolezza - imporre l'ostensione di atti di cui l'amministrazione dimostri (sulla base di circostanze oggettive e circostanziate) di non essere più in possesso (tanto alla luce del principio ‘ad impossibilia nemo tenetur'), nondimeno non può essere sufficiente - al fine di dimostrare l'oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull'amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all'indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi" (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 892).
Pertanto l'osservazione avanzata dalla difesa del Comune sulla inesistenza dei documenti richiesti non giustifica a posteriori il silenzio serbato dallo stesso Comune sulla richiesta di accesso, avendo il medesimo violato l'obbligo di pronunciarsi nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'istanza.
Il procedimento iniziato con la domanda di accesso agli atti da parte del cittadino deve, infatti, essere concluso, entro il termine di trenta giorni dall'istanza, con un provvedimento espresso che accolga o che respinga la richiesta e in caso di non rinvenimento della documentazione richiesta presso gli archivi dell'Amministrazione con un atto che dia conto dell'attività istruttoria posta in essere per il reperimento della documentazione richiesta.
I Giudici non accolgono invece la richiesta del ricorrente per la nomina di un commissario ad acta per "una più puntuale ricerca dei documenti in possesso del Comune ed inviati alla Regione" in quanto l' Ente ha dimostrato di aver ricercato i documenti richiesti dal ricorrente, sia pure dopo la formazione del silenzio, richiedendoli alla Regione e poi depositandoli in giudizio e sia perché il ricorrente non indica quali potrebbero essere i documenti ancora in possesso del Comune.
Non possiamo non commentare positivamente la decisione del Giudice Amministrativo. Il diritto non è un' entità astratta, qualcosa di distaccato dalla realtà sociale, ma è, piuttosto, un sistema di regole che si sviluppa internamente alla società per la necessità di regolare i rapporti tra i cittadini e tra questi e la Pubblica Amministrazione. Quando quest'ultima, pur di fronte a disposizioni,che più chiare non è possibile, ignora volutamente gli obblighi di trasparenza che l'ordinamento le impone nei confronti degli amministrati, le valutazioni che ne conseguono sono molto scontate. Anche perché l'art. 2 della legge 241/90 dispone una serie di sanzioni sia a carico del Funzionario responsabile sia del soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo in caso di inerzia. Allora… o non si conosce la norma ( e questo sarebbe molto grave in quanto si espone l'amministrazione a pagare i danni) oppure si cerca di tirare per le lunghe nel tentativo di stancare l' utente, ben sapendo che quest' ultimo, per far valere le proprie ragioni, dovrà rivolgersi al TAR. Che in tempi di crisi sembra costi almeno 2.500 euro. Anticipati.
Sentenza N. 00569/2013