di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 18710 del 6 Agosto 2013. La Suprema Corte è chiamata a pronunciarsi sul tema degli sgravi contributivi. Nel caso di specie un commercialista libero professionista ricorre avverso la sentenza d'appello lamentando violazione di legge e difetto di motivazione e ponendo alla base della propria doglianza l'interpretazione comunitaria della nozione di impresa. Secondo il ricorrente l'interpretazione data dal giudice del merito si sarebbe posta in netto contrasto con la giurisprudenza europea, la quale fornirebbe una nozione giuridica di impresa in senso ampio, comprensiva di "qualsiasi entità che eserciti attività economica, a prescindere dallo status giuridico della detta entità e delle sue modalità di finanziamento". In questo senso - interpretazione avallata anche dalla stessa Cassazione - la nozione di impresa, utilizzata in termini di tutela del mercato concorrenziale, equivarrebbe a quella di datore di lavoro, ed in tale ambito rientrano sicuramente anche le libere professioni.
La questione in oggetto verte tuttavia circa l'applicabilità di una normativa di favore - in particolare, la legge 407/1990 in merito agli sgravi contributivi spettanti alle "imprese" operanti nel Mezzogiorno - normativa considerata d'eccezione rispetto ai principi fondamentali operanti in materia, di conseguenza sottoposta a regime interpretativo sicuramente restrittivo. Prosegue la Suprema Corte evidenziando come la differenza tra impresa e libero professionista sia ricavabile dall'art. 2238 cod. civ. : "il professionista intellettuale diventa imprenditore solo quando svolga un'ulteriore attività, diversa da quella intellettuale e definibile, in sé considerata, come attività d'impresa; ulteriore attività rispetto alla quale l'esercizio della professione si ponga quale semplice elemento". In definitiva, la nozione di impresa elaborata dalla giurisprudenza europea "non può trovare applicazione nel caso in esame in cui vengono in rilievo sgravi contributivi, cioè nell'ambito di una normativa di stretta interpretazione, siccome derogatoria alla generale sottoposizione alle obbligazioni contributive e tenuto conto del fatto che intanto può ritenersi che il mancato riconoscimento di detti sgravi anche al libero professionista alteri la concorrenza quando quest'ultimo abbia organizzato la propria attività con un supporto organizzativo tale che l'entità dei mezzi impiegati sovrasti l'attività professionale del titolare, circostanza questa nel caso in esame non dimostrata, per quanto sopra esposto". Mancando la prova dell'organizzazione professionale sotto forma di impresa, la sentenza d'appello viene dunque confermata ed il ricorso rigettato.
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