di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 19582 del 27 Agosto 2013. In tema di valutazione di sussistenza e presupposti finalizzati alla definizione dello stato di abbandono nei confronti di un minore, la Suprema Corte esplica quali siano i criteri giudiziali da adottare nel caso concreto. Nel caso in oggetto, il giudice del merito (decisione confermata anche in secondo grado) ha dichiarato lo stato di adottabilità di un minore a causa della condanna dei genitori per uso e spaccio di stupefacenti. A ciò si aggiungeva la condotta minatoria tenuta nei confronti degli assistenti sociali. Inoltre, la consulenza tecnica d'ufficio evidenziava come fossero deboli i legami esistenti tra il minore ed i nonni, coinvolti nella vita familiare solo marginalmente. Ricorrevano i genitori avverso tale sentenza contestando l'esistenza dei presupposti dello stato di adottabilità, violazione di legge e difetto di motivazione.
"Lo stato di abbandono ricorre non soltanto in presenza di un rifiuto intenzionale irrevocabile di assolvere i doveri genitoriali, ma anche quando i genitori non siano in grado di garantire al minore quanto indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e questa situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, per tale dovendosi intendere quella inidonea, per la sua durata, a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore". Nella sua valutazione la motivazione del giudice del merito risulta inattaccabile, essendosi lo stesso basato essenzialmente sui resoconti fattuali degli assistenti sociali nonché sulle diverse ctu espletate. Infatti "il giudice di merito non può limitarsi a prendere atto del proposito, manifestato dai genitori, di riparare alle precedenti mancanze, ma deve valutare se il loro atteggiamento e i loro progetti educativi risultino oggettivamente idonei al recupero della situazione in atto, verificando non solo la sussistenza di elementi idonei a far ritenere che essi abbiano acquisito consapevolezza delle proprie responsabilità e dei propri compiti e siano pronti ad adempierli, ma anche l'eventuale presenza di altri parenti che, con il loro apporto, siano in grado di integrare o supplire alle figure genitoriali". Il ricorso viene rigettato. Conclude la Corte confermando che "la mera manifestazione della volontà di accudire il minore non costituisce infatti un elemento sufficiente a far escludere il rischio di una compromissione del suo sano sviluppo psico-fisico, in presenza di condizioni oggettivamente ostative alla realizzazione di tale intento o comunque tali da impedire al genitore di assicurare quel minimo di assistenza morale e materiale il cui difetto costituisce il presupposto per la dichiarazione dello stato di abbandono, tenendo presente che quest'ultima non ha alcuna connotazione sanzionatoria della condotta dei genitori, ma è pronunciata nell'esclusivo interesse del minore, il quale rappresenta il criterio che deve orientare in via esclusiva la valutazione del giudice di merito".