Sommario: 1. Premessa - 2. Il fatto - 3. I motivi di gravame - 4. La risposta della Cassazione
1. Premessa
Questa nota di commento alla sentenza n. 601/2013 della Cassazione(1) tocca un tema che diventa ogni giorno più scottante, mettendo a nudo l'inerzia del legislatore italiano, il quale è restio a prendere una posizione chiara nei riguardi delle coppie di fatto
omosessuali. Il motivo di tale inerzia legislativa è da ricercare, con grande probabilità, nella cultura e nella tradizione religiosa italiana. Motivazioni di ordine politico stanno, dunque, alla base del silenzio legislativo sul tema - raramente interrotto(2). Questa sentenza, per quanto concisa, pone l'accento non tanto sul diritto in se considerato, ma coinvolge la morale nonché il modo stesso di pensare di una certa cultura, che rappresenta ancora l'humus della comunità sociale italiana. In questa sentenza la Cassazione, con estrema nonchalance, blinda - per cosiddire - i principi di diritto ricordando non soltanto alle parti del giudizio, ma a tutti i cittadini, che i pregiudizi personali non possono prevaricare le prove. Un pregiudizio od una convinzione, per quanto fondati in una certa ottica di pensiero, non possono trovare accesso in quella che è definita, dai tecnici, la "verità processuale" - a meno che non siano corroborati da fatti oggettivi e verificabili.
2. Il fatto
Nel caso in esame, il sig. E.T.S. e la sig.ra B.I., non trovando un accordo per l'affidamento del proprio figlio naturale, si sono rivolti al Tribunale per i Minorenni, che ha disposto l'affidamento esclusivo del bambino alla madre. Si desume, da questi pochi dati contenuti nella sentenza in commento, che questi signori non fossero uniti in matrimonio - giacché si discute, appunto, circa l'affidamento del figlio naturale(3). Il sig. E.T.S. non ci sta e, dunque, propone ricorso in Appello e la Corte territoriale gli da torto su tutti i gravami proposti, rilevando che l'affido esclusivo alla madre fosse stato obbligato poiché il minore aveva assistito ad un episodio di violenza agito da parte del padre nei confronti della convivente della madre. Ciò aveva particolarmente turbato il ragazzo. La Corte d'Appello ha argomentato in tal senso rilevando che "la dedotta difficoltà dell'appellante di accettare, data la sua origine e formazione culturale, il contesto familiare in cui suo figlio cresceva e veniva educato non poteva alleviare la gravità della sua condotta, considerata appunto la reazione che aveva provocato nel bambino". Il sig. E.T.S. decide, ancora una volta di oppugnare la decisione a se sfavorevole in sede di legittimità(4), articolando tre differenti motivi di gravame.
3. Il gravame
Il padre naturale del bambino, nel rivolgersi alla Suprema Corte, formula tre motivi di gravame, ma in questa sede è opportuno concentrare l'analisi soltanto sul terzo e su parte del secondo motivo. Questi, infatti, si riferiscono espressamente alla pretesa inidoneità della madre ad educare il figlio, nonché alla paventata carica lesiva, sempre per il bambino, della sua crescita in una famiglia omosessuale - non fondata sul matrimonio. Precisamente, il padre denunciava l'insufficienza della motivazione sul diniego dell'affidamento condiviso. Secondo il signor E.T.S. la Corte avrebbe dovuto meglio motivare tale scelta, anche perché non era stata esperita un'indagine richiesta dal Servizio Sociale in sede processuale. Tale indagine avrebbe dovuto accertare, sotto il profilo educativo, l'idoneità del nucleo familiare dalla madre - omosessuale - a garantire l'equilibrato sviluppo del minore in relazione al suo diritto ad essere educato nell'ambito di una famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio di cui all'art. 29 Cost. ed alla equiparazione dei figli nati fuori dal matrimonio con i figli legittimi di cui all'art. 30 Cost. Il padre invocava anche tutela del diritto fondamentale del minore ad essere educato secondo i principi educativi e religiosi di entrambi i genitori - e non soltanto della madre. Quest'ultima censura è basata sulle convinzioni religiose dell'uomo, legato all'Islam.
4. La risposta della Cassazione
La Corte di Cassazione passa velocemente in rassegna tutti i motivi di gravame sottoposti al suo vaglio ed arriva inesorabile verso le censure mosse avverso l'orientamento sessuale della madre, affidataria del minore. Il ragionamento dei supremi giudici è semplice: per quanto attiene il sub b) del secondo motivo di gravame, la Corte si pronuncia circa la sua inammissibilità, in quanto il ricorrente si è limitato a fornire soltanto una sintesi del motivo di gravame in questione dalla quale, però, non risulta alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della crescita del bambino, dell'ambiente familiare in cui questi viveva presso la madre. La Corte passa, così, all'esame del terzo motivo di ricorso e rileva come, il ricorrente, non spieghi il perchè sarebbe errata la statuizione dei giudici di merito sulla inammissibilità della censura per genericità, essendo a sua volta generico e non concludente anche l'accenno ai principi costituzionali di cui sopra. A tal proposito, i giudici della Cassazione scrivono che: "alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si da per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d'appello ha preteso fosse specificamente argomentata".
Secondo i giudici di legittimità, dunque, l'omosessualità del genitore affidatario del figlio minore, non sarebbe una condizione sufficiente a legittimare l'assunto secondo cui, vivere in una simile realtà, possa recare danno al minore stesso. Dare per scontato una cosa simile sarebbe, secondo i giudici, semplicemente frutto di un pregiudizio socio-culturale, che non può avere nessun rilievo all'interno del processo. La pericolosità di una simile situazione va, dunque, provata in maniera scientifica o, quantomeno, facendo riferimento a comprovati dati di esperienza comune.
Bibliografia
A.A.V.V. | Sentenza Gas et Dubois c/o Francia del 15 marzo 2012, in Famiglia e Diritto, 2012, 10, pag. 948. |
Antoci, Basilio, | Coppie omosessuali, in Antoci Basilio, < www.antoci.tk >, 13 aprile 2013, URL < http://antoci.altervista.org/it/blog/12-coppie-omosessuali > |
Antoci, Basilio, | Famiglie e convivenze. Profili costituzionali, Tesi di laurea, Catania, 26 luglio 2012 |
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, | Sentenza Gas et Dubois c/o Francia del 15 marzo 2012, Req. 25951/07. |
Wolters, Kluver, | Leggi d'Italia. Studio Legale, Wolters Kluver Italia S.R.L., Assago Milanofiori-Assago, 2013 |
Suprema Corte di Cassazione, | Sentenza n. 601 dell'11 gennaio 2013, Sezione Prima, presidente Luccioli Maria Gabriella |
Vassallo, Giuseppina, | Figli naturali e famiglia di fatto, col. Altalex E-book n. 01, Altalex Consulting S.R.L., Montecatini Terme, 2011 |
* BASILIO ANTOCI, nato a Catania nel 1987, maturità scientifica nel 2005, ha pubblicato nel 2010 il saggio "Fede, Metodo, Esperienza. Approccio con il mondo dell'educazione. Spunti e riflessioni" (1a ed., Akkuaria Edizioni, col. I Segni del Tempo, Catania, 2010). Nel 2012 ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università di Catania discutendo una tesi di diritto Costituzionale dal titolo "Famiglie e convivenze. Profili costituzionali" sotto la guida del Prof. Agatino Cariola. È socio-praticante dello Studio Legale Antoci di Nicolosi (CT) e ha già pubblicato altri articoli su questa rivista (clicca qui per leggerli). Maggiori informazioni sul sito < http://www.antoci.tk >.
(1) Cfr. Cass. Civ., sez. I, sent. 601 del 11 gennaio 2013.
(2) Cfr. Antoci B., Famiglie e convivenze. Profili costituzionali, Tesi di Laurea, Catania, 2012, pag. 77, da cui trae spunto il mio articolo "Coppie omosessuali", pubblicato su www.antoci.tk, 13 aprile 2013, URL < http://antoci.altervista.org/it/blog/12-coppie-omosessuali >.
(3) Cfr. Vassallo G., Figli naturali e famiglia di fatto, Altalex, 2011, pag. 5: "Il figlio naturale è il figlio nato da genitori non legati tra loro in un vincolo di coniugio".
(4) In tal senso, chi scrive, tiene a precisare che, il sistema giudiziario civile italiano, è formato da due gradi di giudizio di merito (Giudice di Pace o Tribunale / Corte d'Appello) e da un grado di giudizio di legittimità (Cassazione). è, dunque, quantomeno imprecisa la comune classificazione che tende a considerare il giudizio per Cassazione quale "terzo grado" del processo - poiché si tratta, in realtà, di un unico grado di giudizio vertente sulla legittimità e non sul merito della questione.
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