di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione sesta, ordinanza n. 20331 del 4 Settembre 2013.
Pur rilevando come il ricorso sia manifestamente infondato (il ricorrente avrebbe omesso di presentare motivi validi che giustificassero il ricorso in Cassazione) l'ordinanza in esame, adottata a seguito di procedimento ex art. 380bis cod. proc. civ., chiarisce in quali casi lo straniero interessato può rivolgersi o al giudice ordinario (come nel caso di specie, in primo grado, al giudice di pace) o al giudice amministrativo. "In tema di disciplina dell'immigrazione, mentre è rimessa al giudice ordinario la cognizione delle impugnative avverso il decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero, rientra nella giurisdizione, invece, del giudice amministrativo ogni controversia relativa al diniego o al mancato rinnovo del permesso di soggiorno, essendo, questi ultimi, provvedimenti discrezionali e non vincolati come il decreto di espulsione "ex" art. 13 del D.Lgs. 25 luglio 1998. n. 286".
Inoltre, nel caso di specie, il ricorrente ha impugnato il decreto prefettizio di espulsione, atto vincolato della P.A.; la sua difesa tuttavia si è basata su motivi inerenti altra questione non sottoponibile all'autorità ordinaria. "Il decreto di espulsione dello straniero che non sia in possesso del permesso di soggiorno o non ne abbia chiesto il rinnovo è atto vincolato ai sensi dell'art. 13, secondo comma, del D.Lgs. n. 286 del 1998, mentre le valutazioni relative all'ordine pubblico, alla integrazione sociale e alle possibilità di lavoro dello straniero attengono al procedimento di concessione o di rinnovo del permesso, il cui controllo è demandato esclusivamente al giudice amministrativo, dinanzi al quale sia stato impugnato il diniego; ne consegue che l'opposizione al decreto di espulsione davanti al giudice ordinario non può fondarsi su motivi attinenti al mancato rilascio o al mancato rinnovo del permesso di soggiorno". Essendo l'atto di espulsione provvedimento vincolato adottabile dall'autorità prefettizia, ben può conoscerne il giudice ordinario (avendo in questo caso potere pieno e dovendo in definitiva verificare l'esatta applicazione della normativa al caso concreto); al contrario, egli non potrebbe in alcun modo sindacare l'operato della pubblica amministrazione cui la legge riserva discrezionalità.
Conclude la Suprema Corte rilevando inoltre come, nel merito, "lo svolgimento di un'attività lavorativa in condizione d'irregolarità non costituisce una causa ostativa all'espulsione".
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