di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza n. 20318 del 4 settembre 2013. Laddove vi sia la mancanza delle misure di sicurezza atte a prevenire i rischi di inalazione nociva di fibre da amianto si configura la responsabilità del datore di lavoro. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 4 settembre 2013, n. 20318.
La decisione riguarda il caso di richiesta di risarcimento del danno biologico e morale per la morte di un dipendente conseguita alla malattia professionale per mesiotelioma pleurico, per effetto della quale l'INAIL gli aveva riconosciuto in vita una rendita da inabilità permanente del 100%. Dagli atti di causa del giudizio di primo e secondo grado si era rilevato che alla luce delle indagini tecniche svolte non si era avuta alcuna certezza sul fatto che il soggetto fosse deceduto per mesiotelioma, che tale malattia fosse dipesa dall'inalazione di amianto sul luogo di lavoro e che i presidi al tempo esistenti in materia di sicurezza fossero idonei ad evitarla, per cui non era stata raggiunta la prova sull'esistenza di un nesso causale tra il decesso del lavoratore e il comportamento dei responsabili della società. La Corte di Cassazione, nell'accogliere il ricorso e accertare, quindi, la responsabilità del datore di lavoro, evidenzia come nel giudizio di appello via siano state alcune importanti contraddizioni che hanno portato i giudici ad emettere una sentenza da cassare: da una parte la Corte d'Appello, dopo aver fatto riferimento alla questione della mancanza delle misure di sicurezza atte a prevenire i rischi di inalazione nociva di fibre da amianto e dopo aver affermato che sarebbe stata necessaria la dimostrazione della idoneità delle stesse misure ai fini della suddetta prevenzione, precisano che il materiale probatorio presente in atti non è completamente univoco, aggiungendo che lo stesso può ritenersi sufficiente in merito alla sussistenza del predetto rischio.
Ne consegue che per un verso la Corte di merito reputa non del tutto univoco il materiale probatorio, mentre per altro verso, contraddicendosi, lo ritiene sufficiente ai fini dell'accertamento della sussistenza del rischio di contrazione di malattie da amianto, e quindi della ipotizzabilità di un nesso di causalità tra condizioni lavorative ed evento lesivo.
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