di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 20829 dell'11 Settembre 2013. A seguito di incorporazione della società di cui era originariamente dipendente da parte di altra di maggiori dimensioni, un lavoratore ricorre al giudice del lavoro lamentando la propria dequalificazione: nello specifico, anche se formalmente i suoi compiti corrispondevano ai precedenti (come vice direttore con compiti di responsabile dell'ufficio organizzazione esecutiva della direzione generale) in sostanza erano nettamente inferiori, di natura prettamente impiegatizia. Il dipendente denuncia altresì di aver trascorso intero periodo, pari a cinque mesi, in totale inattività. Il lavoratore risultava vittorioso in primo e in secondo grado di giudizio. La società soccombente propone quindi ricorso in Cassazione.
Evidenzia la Suprema Corte come in realtà il giudice del merito abbia correttamente applicato i criteri di valutazione della (mancata o meno) corrispondenza tra mansioni precedente ed attuale: occorre la "verifica in concreto dei concreti compiti espletati dal dipendente presso (…) e presso la incorporante". Da tale valutazione è emersa la chiara "non equivalenza in concreto delle mansioni assegnate al lavoratore". Ancora, la motivazione del giudice del merito, a dire della Corte, risulta immune da vizi di illogicità ed irragionevolezza. "Ai fini del giudizio di equivalenza occorre verificare in concreto se sia tutelato anche nelle mansioni di nuova assegnazione il livello professionale raggiunto e la utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente". Il ricorso è rigettato e la sentenza d'appello confermata.
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