La pronuncia che la Collega sottopone all'attenzione dei visitatori di Studio Cataldi richiama Cass. Civ., Sez. V, 17 giugno 2011, n. 13289, Pres. Donato Plenteda, Est. Michele D'Alonzo, che al punto A) della motivazione della sentenza testualmente ricorda un'importante chiave di lettura ispirata a Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26635: "la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente (che può tuttavia restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano stati disattesi".
Apriamo, dunque, questa finestra sul diritto tributario: imposte e tasse permeano la nostra quotidiana realtà ma se ne parla pochissimo nei portali giuridici; l'etimologia risale verosimilmente all'imposta obbligatoria di guerra che gravava su ogni tribù; noi vogliamo sopperire a questa obiettiva lacuna della pubblicistica online discutendo con i lettori di casi pratici, utilizzando un approccio piano e lineare, a tutti comprensibile, anche a chi, ricevuta una cartella, vuole cominciare ad orientarsi prima di scegliersi un difensore tecnico. L'avv. Ilaria Corridoni ci dà un aiuto.
L'Angolo Tributario di Ilaria Corridoni - "Va riconosciuta ...all'Amministrazione Finanziaria la possibilità di basare i suoi accertamenti sulle spese o sugli incrementi patrimoniali, ma non appare corretto attribuire, automaticamente, a questi elementi un corrispondente valore reddituale, atteso l'onere gravante sull'Agenzia impositrice di provare e quantificare, nel caso specifico e concreto, il legame tra una determinata spesa e la corrispondente capacità contributiva del soggetto accertato": è questo il punto saliente della decisione con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, Sez. I, Pres. Giuseppe DI NARDO, Rel. Carmine D'IMPERIO, Giud. Enzo SPEZZANO, con la pronuncia depositata il 10 luglio 2013, ha accolto il ricorso del contribuente per illegittimità dell'utilizzo indiscriminato e generalizzato da parte del Fisco del cosiddetto redditometro in sede di accertamento.
La sentenza molisana, in particolare, pone in evidenza la peculiarità della materia tributaria in relazione all'indagine fiscale, che deve mirare alla ricostruzione individualizzante del profilo del contribuente.
Talché, il Regolamento contenente la disciplina del redditometro si rivela in contrasto con la legge ed utilizza come parametro per determinare le spese medie delle famiglie italiane l'attività svolta dall'ISTAT che "nulla ha a che vedere con la specificità della materia tributaria, dovendo - quest'ultima - indirizzare la sua indagine alla distinta ricostruzione di individualizzati profili dei contribuenti. Il c.d. Redditometro invero non svolge alcuna differenziazione tra cluster di contribuenti ...bensì del tutto autonomamente opera una differenziazione di tipologie familiari suddivise per cinque aree geografiche, ricollocando, quindi, all'interno di ciascuna delle tipologie figure di contribuenti del tutto differenti tra loro (l'operaio, l'impiegato, il funzionario, il dirigente, chi ha avuto periodi di disoccupazione alternati a periodi di forti guadagni etc etc) ...".
Nella fattispecie concreta sottoposta al vaglio del giudice tributario la ricorrente aveva impugnato due distinti e consistenti avvisi di accertamento dell'Agenzia delle Entrate di Campobasso, entrambi risalenti al 23.12.2011, con i quali venivano recuperati a titolo di IRPEF, per le annualità 2007-'08, rispettivamente € 38.303,00 ed € 39.150,00.
L'Ufficio presupponeva la presenza di maggiori redditi, accertati in applicazione dell'art. 38 D.P.R. n. 600/1973 in quanto quelli dichiarati non apparivano rapportati alla disponibilità di beni e servizi della ricorrente.
Costei poneva in risalto nel contesto dei ricorsi, riuniti in corso d'istruttoria, che il coniuge contribuiva fattivamente al mantenimento del nucleo familiare, talché lo scostamento fra reddito dichiarato e quello accertato se non si azzerava del tutto, quanto meno si ridimensionava.
In ricorso veniva menzionato anche l'art. 53 Cost. in tema di capacità contributiva sul rilievo che i maggiori proventi accertati avrebbero costretto la contribuente a corrispondere un carico fiscale sproporzionato rispetto alla reale situazione economica di costei.
La ricorrente cennava anche all'art. 2727 c.c. in materia di presunzioni semplici.
Nel costituirsi in giudizio, l'Agenzia impositrice difendeva la correttezza del proprio operato ricordando che la controparte, a sostegno dei propri assunti, non avrebbe apportato un'adeguata giustificazione, "atteso che i proventi del coniuge si attesterebbero su importi di gran lunga inferiori alla gestione degli immobili posseduti ed in particolare a fronteggiare le rate semestrali necessarie alla copertura dell'acquisto delle azioni".
Inoltre, l'Ufficio respingeva ogni addebito in relazione all'art. 2727 c.c. in quanto le disponibilità immobiliari e mobiliari della ricorrente consentivano agevolmente di presumerne la capacità contributiva.
Osserva la Commissione Tributaria di Campobasso che "l'istituto del redditometro rientra nella tipologia degli accertamenti fondati sul dato medio-ordinario, determinato da metodi statistici definiti 'standardizzati' e, quindi, tra quelli che si innalzano su presunzioni semplici, abbisognevoli di motivazioni tangibili da parte del verificatore e non costruite su parametri ministeriali avulsi dalle singole realtà territoriali".
Continua la CTP molisana ricordando che spesso "l'abnormità delle rideterminazioni dedotte dall'Amministrazione finanziaria assume delle posizioni da rasentare l'inverosimile".
Orbene, prosegue la Commissione Tributaria, "il sistema adottato dal Fisco per trasformare le spese sostenute dai contribuenti in reddito, attraverso una combinazione di dati provenienti dall'anagrafe tributaria e stime messe a punto dall'ISTAT è da ritenersi in contrasto con la legge ordinaria, con la Costituzione e con la normativa comunitaria".
Talché, l'illegittimità del D.M. contenente il redditometro comporta la disapplicazione da parte del giudice.
In conclusione, la Commissione Tributaria di Campobasso ha statuito che l'Amministrazione Finanziaria ridetermini il reddito previsto per il mantenimento dei fabbricati e quello derivante dal terreno agricolo sulla base delle risultanze catastali.
L'Autrice del contributo è avvocato tributarista del Foro di Macerata
(Per la rubrica "Posta e Risposta")
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