Prima di dare una risposta all'interrogativo, ritengo necessario esaminare, seppur brevemente, in che cosa consiste o meglio quando si ha l'addebito della separazione e quali sono le conseguenze, anche, richiamando diverse pronunce giurisprudenziali.
Si ha addebito della separazione quando uno dei coniugi ha posto in essere una grave violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e tale violazione sia effettivamente la causa della intollerabilità della convivenza.
La pronuncia di addebito della separazione presuppone, quindi, che nel corso del giudizio sia data la prova di comportamenti assunti volontariamente da un coniuge in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, che siano stati all'origine della rottura, del fallimento del rapporto coniugale. Da tale affermazione si desume che se viene a mancare questa prova, ovvero si dimostri che la crisi coniugale si è verificata per ragioni diverse e, magari, antecedenti alla violazione dei doveri matrimoniali, non potrà essere pronunciato l'addebito della separazione.
A sostegno di ciò, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14042/2008; conf. Cass. Civ., sez. I, sentenza n.21245/2010 ha affermato che: " La pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola inosservanza dei doveri coniugali, implicando, invece, tale pronuncia la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario a tali doveri da parte di uno o di entrambi i coniugi e, cioè che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza".
Da quanto affermato dalla Suprema Corte si può asserire, inequivocabilmente, che, in caso di mancata prova che il comportamento contrario ai doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito.
E' bene evidenziare che il Giudice, nel valutare la sussistenza dell'addebito, non si limiterà alla sola inosservanza dei doveri coniugali, ma dovrà accertare un nesso di causalità tra il comportamento tenuto da un coniuge e l'intollerabilità da parte dell'altro a continuare la convivenza. Per fare questo, il Giudice dovrà analizzare, in modo dettagliato, il menage familiare per valutare se si continuino a verificare comportamenti tali da rendere impossibile la prosecuzione della convivenza.
Vediamo, ora, quali sono i doveri coniugali la cui violazione potrebbe dare luogo all'addebito della separazione, sempre che tale violazione sia causa dell'intollerabilità della convivenza.
Il Legislatore, all'art. 143 c.c., prevede che "[...]Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia ed alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia".
Vista la vastità della norma de qua, la casistica dei comportamenti che possono dare luogo ad una pronuncia di addebito è assai varia: si pensi alla violazione del dovere di fedeltà, violazione del dovere di coabitazione ...
Va osservato che non sempre la violazione del dovere di fedeltà comporta l'addebito della separazione. Vi sono stati casi in cui la domanda di addebito a carico del coniuge "infedele" è stata respinta in quanto, nel corso del giudizio, è stato provato che la relazione extraconiugale aveva seguito e non preceduto l'insorgere della crisi coniugale. Tale relazione, pertanto, non poteva essere considerata la causa del fallimento del matrimonio, ma una conseguenza ( Cass. Civ., sentenza n. 14042/2008).
E, ancora, la violazione del dovere di coabitazione, che altro non è l'allontanamento dalla casa coniugale, non costituisce di per sé motivo di addebito. I Giudici di Piazza Cavour, difatti, con sentenza del 5 febbraio 2008 n. 2740 hanno affermato che: "L'allontanamento dalla casa coniugale non è ex se sufficiente a giustificare l'addebito della separazione, in quanto è sempre necessario verificare se l'allontanamento sia l'effetto dell'intollerabilità del rapporto oppure la causa".
Ma quali sono le conseguenze della pronuncia di addebito?
Il coniuge cui viene addebitata la separazione si ritrova a dover sostenere le spese legali e non solo incontrerà limiti sia sotto il profilo successorio, sia sotto il profilo economico.
Quanto al primo aspetto il coniuge cui è addebitata la separazione perde i diritti successori, e cioè non avrà diritto a percepire alcun lascito, in via ereditaria, da parte del coniuge defunto. Sotto il profilo economico il coniuge può solo ottenere il diritto agli alimenti, ovvero un assegno per vivere, ma non quello di mantenimento che gli consentirebbe di mantenere il precedente tenore di vita.
Ora focalizziamo la nostra attenzione sull'interrogativo: La relazione via web comporta l'addebito della separazione?
A questo interrogativo ha dato risposta, con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ritenendo che tale tipo di relazione, infatti, non comporta un adulterio vero e proprio sia per la mancanza di "rapporti carnali" e sia per il fatto che la storia non sia divenuta di pubblico dominio nell'ambiente sociale in cui vivono i coniugi. Pertanto, la relazione via web non costituisce causa di addebito della separazione.
Il caso, su cui la Corte di Cassazione si è così pronunciata, riguardava una donna sposata che aveva intrattenuto una relazione virtuale su internet per due anni. Il marito chiedeva l'addebito della separazione, ma i Giudici lo hanno negato sostenendo che la notevole distanza dei luoghi di residenza dei due amanti virtuali e, ancor più, la mancanza di coinvolgimento fisico della moglie escludevano che la relazione avesse causato il venir meno della c.d. affectio coniugalis e, quindi, la rottura del matrimonio.
Il marito, nel giudizio di primo grado, aveva ottenuto esito favorevole dalla sentenza. Il Giudice di prime cure aveva, infatti, ritenuto che i frequenti contatti via e-mail e telefonici protratti tra la moglie e l'amante configuravano, senza dubbio alcuno, una violazione dei doveri di fedeltà coniugale, anche in mancanza di rapporti sessuali.
In Appello, il ragionamento del Giudice di primo grado è stato ribaltato.
La Corte d'Appello, infatti, ha revocato l'addebito a carico della moglie, ponendo, tuttavia, a carico del ricorrente, l'onere economico di versamento, nei confronti della ex moglie, di un assegno rapportato al tenore di vita tenuto durante il periodo coniugale.
Il ragionamento, seguito dai Giudici d'Appello per giungere ad una simile decisione - revoca addebito della separazione a carico della moglie -, era quello secondo cui, in primis, l'addebito non poteva essere basato su una relazione platonica tra l'altro non corrisposta; in secundis, la relazione non presentava quegli aspetti tali da recare offesa alla dignità e all'onore del marito, ciò per il modus con cui si era svolta: invio di e-mail e conversazioni telefoniche.
Gli Ermellini, invece, recependo le argomentazioni della Corte d'Appello, hanno sostenuto che la violazione degli obblighi coniugali va sanzionata soltanto quando vengano a configurarsi casi in cui "la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione, ai sensi dell'articolo 151 del Codice Civile quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà, e quindi, anche se non si sostanzi in adulterio, comportano comunque offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge".
Difatti, una relazione fondata sullo scambio di e-mail e telefonate, in assenza di coinvolgimento fisico, non sarebbe idoneo di per sé a provocare l'intollerabilità della convivenza, a meno che non faccia sorgere il sospetto di infedeltà e leda l'onore e la dignità dell'altro coniuge.
Dunque, una storia virtuale, platonica non è considerata, dai Giudici di Piazza Cavour, motivo di addebito della separazione qualora non sia stata tale da rendere, in toto, intollerabile la convivenza coniugale. (Cass. Civ., sentenza n. 8929, del 12.04.2013).
In conclusione, se una relazione è e resta virtuale non scatta nessuna pronuncia di addebito.
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