di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 21882 del 25 Settembre 2013. In caso di fecondazione eterologa, quali sono gli elementi costituenti la paternità ai fini della condanna al mantenimento? E' sufficiente la componente biologica o occorre anche una cosciente volontà di procreare?
Nel caso di specie il presunto padre viene citato in giudizio dalla madre, la quale, oltre a richiedere la dichiarazione di paternità del convenuto, chiede la sua condanna al rimborso delle spese di mantenimento da lei sostenute dalla nascita del figlio. Il resistente dichiara di non aver mai avuto rapporti sessuali con l'istante ed anzi chiede accertarsi il comportamento doloso dell'attrice (la quale, a suo dire, avrebbe sottratto una provetta contenente suo liquido seminale, provocando la gravidanza contro la volontà del donatore). In primo grado l'attrice ottiene soltanto la dichiarazione giudiziale di paternità, mentre la Corte d'Appello condanna il padre naturale al versamento di un assegno periodico a titolo di mantenimento nonché a corrispondere una somma aggiuntiva a titolo di resistenza temeraria. Avverso tale statuizione l'interessato propone ricorso in Cassazione lamentando difetto di motivazione e violazione di legge.
La Suprema Corte stabilisce come, nel caso della fecondazione assistita, ai fini di dichiarare la paternità naturale, sia sufficiente provare scientificamente la paternità biologica, non essendo ai fini giuridici necessaria una contestuale volontà procreatrice cosciente. Non è dunque ammissibile alcun successivo ripensamento.
"Nell'ipotesi di nascita per fecondazione naturale la paternità è attribuita come conseguenza giuridica del concepimento, sicchè è esclusivamente decisivo l'elemento biologico e, non occorrendo anche una cosciente volontà di procreare, nessuna rilevanza può attribuirsi al disvolere del presunto padre, una differente interpretazione ponendosi in contrasto con l'art. 30 Cost., fondato sul principio della responsabilità che necessariamente accompagna ogni comportamento potenzialmente procreativo". Il giudice del merito ha dunque correttamente valutato le prove prodotte dall'appellante e la sua motivazione è esente da qualsiasi tipologia di vizio. Vai al testo della sentenza 21882/2013