di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione VI, sentenza n. 22568 del 2 ottobre 2013. In tema di divorzio, è legittima l'attribuzione alla ex dell'assegno divorzile, nonostante quest'ultima non ha mai formulato una specifica domanda in tal senso, essendosi limitata a chiedere il rigetto delle domande del marito e la riconferma dell'assegno di mantenimento riconosciutole nel corso del procedimento di separazione dei coniugi. E' il principio stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, con sentenza 2 ottobre 2013, n. 22568.
Secondo il costante orientamento della Corte di legittimità, il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente l'azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un "nomen juris" diverso da quello indicato dalle parti, purché non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio (si veda al riguardo, Cassaz. n. 13945, del 3 agosto 2012). Inoltre, l'esercizio di disporre indagini patrimoniali è meramente discrezionale e il giudice può decidere di non avvalersi della polizia tributaria, qualora ritenga che il quadro probatorio già acquisito sia sufficiente e completo e non necessiti di informazioni integrative (si veda, Cassaz. n. 2098 del 2011). Nel caso specifico trattato dalla Suprema Corte, per la determinazione in concreto dell'assegno si sono presi in considerazione e valutati diversi elementi: le condizioni economiche delle parti, le annualità di reddito risultanti dalle dichiarazioni fiscali, la durata del matrimonio e della convivenza coniugale e il maggior apporto della donna nella cura e nell'educazione dei figli, così come aveva già valutato la Corte d'Appello con congrua e adeguata motivazione, con giudizio non censurabile in sede di legittimità.
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