di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione tributaria, sentenza n. 22926 del 9 Ottobre 2013. Nel caso in oggetto ai resistenti, dopo aver alienato per atto pubblico alcuni immobili - alcuni di proprietà piena, altri solo in nuda proprietà - l'Agenzia delle Entrate ha operato una rettifica in aumento del valore dichiarato, con contestuale notifica di avviso di accertamento. La controversia veniva risolta ex legge 140/1997, con applicazione del relativo condono. Agli stessi veniva tuttavia presentato altresì avviso di liquidazione a fini di imposta (all'epoca, l'Invim) la quale era stata calcolata sull'importo effettivo, senza tener conto del condono fiscale. Il giudice d'appello accoglieva detto ricorso segnalando come occorreva tener conto del nuovo calcolo applicato; avverso tale sentenza l'Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione.
E in effetti la Suprema Corte accoglie una delle doglianze. Essa riporta come "il valore delle liti in materia di successioni e donazioni, di registro, ipotecarie, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili è costituito dall'imposta relativa al maggiore imponibile accertato". Gli atti dispositivi (l'uno per la rettifica di valore, l'altro per la riscossione fiscale) hanno nella specie dato origine a due procedimenti differenti, autonomi e separati, ai quali non vanno applicati i medesimi criteri di risoluzione e di calcolo. In definitiva, per la Cassazione, "deve in linea generale escludersi la possibilità di rideterminare l'Invim sulla base del valore dell'immobile definito per effetto del condono della sola parte acquirente ai fini dell'imposta di registro".
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