L'attualizzazione del dovere di buona fede e correttezza contrattuale è tale che la Corte di Cassazione con sentenza n. 23232/2013 condanna un istituto di credito a risarcire un'impresa di costruzioni cui aveva rifiutato il frazionamento del mutuo conducendola, per l'effetto, in stato di crisi.
Il frazionamento del mutuo, nel permettere di "scomporre l'importo a debito" in ragione delle distinte unità abitative ovvero proprietà è una modalità che agevola e rende fluido il mercato immobiliare incontrando il favore degli acquirenti da un lato e dell'impresa costruttrice dall'altro - sostanzialmente favorisce il mercato.
Nel caso in sentenza, il mancato frazionamento del mutuo conduceva l'impresa costruttrice in situazione di oggettiva difficoltà, rendendole impossibile la vendita degli immobili e, conseguentemente, onorare i pagamenti nei tempi stabiliti.
Buona fede e correttezza sono indiscutibilmente regole di condotta, altre e differenti dalle regole contrattuali espressamente previste dalle parti in rapporto ma provvedono ad integrarle e, come insegna la sentenza, a riportare equilibrio nel rapporto contrattuale ove la condotta - volontaria - di una parte si manifesti quale scorrettezza a danno dell'altra.
La buona fede rappresenta sostanzialmente la misura, il metro di comportamento delle parti che nell'agire devono sempre rimanere entro i confini della corretta prassi commerciale tanto che un comportamento contrario alla buona fede può generare, quale scorrettezza, conseguenze risarcitorie: debitore e creditore debbono sempre operare con occhio di riguardo ai reciproci interessi e la Corte di Cassazione lo specifica richiamando espressamente la Carta costituzionale, art. 2, ovvero il dovere inderogabile di solidarietà.